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ESPLORAZIONE dello SPAZIO
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Esplorazione
dello Spazio |
Le missioni |
L'uomo sulla Luna |
Veicoli spaziali |
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ESPLORAZIONE DELLO SPAZIO |
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Esplorazione
dello Spazio |
Le missioni |
L'uomo sulla Luna |
Veicoli spaziali |
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Esplorazione dello spazio Complesso delle attività
umane volte ad ampliare le conoscenze dirette sul sistema solare e sullo
spazio interplanetario. L'era della navigazione spaziale ha avuto inizio
nel 1957 con il lancio in orbita del satellite sovietico Sputnik 1,
cui fece seguito, a distanza di qualche mese, un’analoga missione
statunitense (Explorer 1). Nell'ottobre del 1958 venne fondata la
NASA (National Aeronautics and Space Administration), l'ente spaziale
statunitense che, in capo a due decenni, avrebbe lanciato in orbita
terrestre oltre 1600 satelliti per le più diverse applicazioni civili e
militari.
Il confine tra l'atmosfera terrestre e lo spazio non è netto. Poiché la
densità dell'aria diminuisce gradualmente con l'altitudine, l'alta
atmosfera, estremamente rarefatta, sconfina nello spazio esterno. A 30
km di quota, la pressione barometrica è 1/80 di quella rilevabile al
livello del mare; a 60 km è 1/3600, per poi scendere fino a 1/400.000,
intorno ai 90 km. Tuttavia, persino a un'altitudine di 200 km,
l'atmosfera è sufficientemente densa da rallentare i satelliti
artificiali per attrito aerodinamico; di conseguenza i satelliti
destinati a una lunga vita operativa devono essere collocati su orbite
più alte.
2.1 |
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Radiazione nello
spazio |
Si immagina comunemente che lo spazio sia vuoto. Esso, invece, contiene
gas (come l'idrogeno) e pulviscolo. Tutto lo spettro elettromagnetico –
raggi X, ultravioletto, luce visibile, infrarosso, microonde e onde
radio – è in grado di attraversarlo. Vi sono inoltre i raggi cosmici,
che sono fasci di particelle ad alta velocità, costituiti
prevalentemente da protoni, particelle alfa e nuclei di elementi
pesanti.
La legge di gravitazione universale vuole che due corpi qualsiasi dotati
di massa si attraggano con una forza direttamente proporzionale al
prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della
loro distanza. Ne segue che l'attrazione gravitazionale esercitata dalla
Terra sui veicoli spaziali diminuisce rapidamente con l'aumentare della
distanza dal nostro pianeta.
Lo spazio è un ambiente ostile all'uomo per diversi motivi: l'assenza di
aria impedisce di respirare e impone l’impiego di tute pressurizzate (se
la pressurizzazione venisse meno, il corpo umano esploderebbe
all’istante); sui corpi celesti privi di atmosfera le temperature
presentano escursioni diurne spaventose (sulla superficie lunare, ad
esempio, la temperatura varia tra un massimo di 127 °C a mezzogiorno e
un minimo di -173 °C subito prima del tramonto del Sole); le radiazioni
ad alta energia che pervadono lo spazio sarebbero letali in mancanza di
adeguata schermatura; infine, l’assenza di peso ha effetti deleteri
sull’apparato muscolare e scheletrico, in caso di permanenza prolungata
nello spazio.
Per far fronte a queste difficoltà, sono allo studio sistemi tecnologici
avanzati, capaci di garantire all’uomo permanenze nello spazio sempre
più lunghe e confortevoli. Ad esempio, per risolvere il problema della
gravità, è in esame un sistema capace di creare una gravità artificiale
a bordo delle stazioni spaziali: i veicoli verrebbero fatti ruotare
attorno a un asse in modo da produrre una forza centrifuga che produca
gli stessi effetti di una forza di gravità. In base a questo progetto,
un giorno le stazioni spaziali potrebbero assomigliare a gigantesche
ciambelle rotanti.
4 |
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PROGRAMMI CORRENTI E
FUTURI |
All'inizio degli anni Ottanta lo scopo principale del programma
statunitense era la realizzazione di un veicolo spaziale riutilizzabile
più volte; fu così creato lo space shuttle.
Lo shuttle, un'astronave multiuso pilotata, venne progettato per
trasportare un equipaggio costituito da sette persone e un carico
massimo di circa 30 tonnellate. La parte superiore della navetta ospita
l'equipaggio e può essere riutilizzata fino a 100 volte. Per le sue
caratteristiche di flessibilità e per la possibilità che offre di
trasportare, porre direttamente in orbita ed eventualmente riparare in
loco i satelliti, lo shuttle rappresenta un passo decisivo nella storia
dell'esplorazione dello spazio.
La prima navicella del programma Space Shuttle fu il Columbia;
il suo equipaggio era costituito da John W. Young e Robert Crippen, che
decollarono il 12 aprile 1981 per un volo di prova senza carico. Durante
la prima missione operativa, effettuata tra l'11 e il 16 novembre 1982,
gli astronauti del Columbia trasportarono due satelliti
commerciali per telecomunicazioni. Tra le successive operazioni
particolarmente significative furono il nono volo (tra il 28 novembre e
l'8 dicembre 1983), che trasportò il primo Spacelab dell'Agenzia
spaziale europea; l'undicesimo (7-13 aprile 1984), durante il quale un
satellite venne recuperato, riparato e rimesso in orbita; il
quattordicesimo (8-14 novembre 1984), quando due satelliti in avaria
vennero recuperati e riportati sulla Terra.
Il 28 gennaio 1986 il programma Space Shuttle fu funestato dal più
tragico incidente nella storia delle esplorazioni spaziali. Il
Challenger si disintegrò circa un minuto dopo il lancio, a causa
dell'avaria di una guarnizione in uno dei razzi a carburante solido; il
razzo entrò in collisione con il serbatoio principale a idrogeno e
ossigeno liquidi, provocando un'esplosione quasi istantanea e la
distruzione dell'intera navetta. Nel disastro morirono sette astronauti:
il comandante Francis R. Scobee, il pilota Michael J. Smith, gli
specialisti di missione Judith A. Resnik, Ellison S. Onizuka e Ronald E.
McNair, lo specialista del carico utile Gregory B. Jarvis e Christa
McAuliffe. Quest'ultima era stata selezionata l'anno precedente per
rappresentare il primo passeggero non specialista del programma shuttle.
La tragedia provocò l'immediata sospensione dei lanci per permettere
un'analisi e una riprogettazione di tutti i sistemi. Dopo il disastro
del
Challenger, le guarnizioni incriminate vennero ridisegnate per
evitare che quel guasto si ripetesse.
Il programma di lanci dello shuttle riprese il 29 settembre 1988, con il
volo della navetta Discovery con cinque astronauti a bordo. Nel
corso di questa missione, venne messo in orbita un satellite per
comunicazioni della NASA, il TDRS-3, e vennero svolti molti
esperimenti. Il successo di questa ventiseiesima missione incoraggiò la
ripresa della piena attività. Nel 1990 venne messo in orbita da uno
shuttle, dopo molti ritardi, il telescopio spaziale Hubble: un progetto
da un miliardo e mezzo di dollari.
Un grave incidente ha coinvolto lo shuttle Columbia il 1° febbraio
2003: durante la fase di rientro nell’atmosfera la navicella è esplosa,
probabilmente a causa di una falla nel sistema di isolamento provocata
dall’urto di un pannello isolante staccatosi dal serbatoio durante il
decollo. Nell’incidente hanno perso la vita sette astronauti.
Oltre alla stazione spaziale abitata, un altro obiettivo della ricerca
aerospaziale è la costruzione dell'X-30, un razzo progettato per
modificare radicalmente i voli spaziali utilizzando potenti motori
propri per raggiungere l'orbita. Programmi più ambiziosi, come
l'installazione di una base lunare o l'esplorazione umana di Marte,
richiederanno molti anni per essere realizzati. Un progetto attuale, che
vanta numerose prospettive, è invece l'esplorazione del Sole, iniziata
alla fine del 1995 con il lancio del SOHO (Solar and Heliospheric
Observatory), frutto della collaborazione tra l'ESA (European Space
Agency) e la NASA. A differenza delle sonde precedenti posizionate su
orbite terrestri, il veicolo spaziale è in orbita intorno al Sole e può
pertanto compiere con continuità osservazioni dirette, rivelando
preziosi dettagli sui cicli di attività e sulle caratteristiche del
campo magnetico della nostra stella.
L’era del turismo spaziale si è aperta nel maggio del 2001 con il primo
volo in orbita di un astronauta a pagamento. Lo statunitense Dennis
Tito, dopo un periodo di addestramento di quattro mesi e dietro il
pagamento di un biglietto miliardario, ha partecipato per puro diletto a
una delle missioni Soyuz a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.
A promuovere il viaggio è stata l’agenzia “turistica” Space Adventures
Corporation, che oggi riceve decine di prenotazioni per analoghe
“vacanze” spaziali. L’agenzia spaziale russa ha deciso di approfittare
del fenomeno costruendo una navetta Soyuz interamente dedicata a
missioni turistiche. Pensata per ospitare un pilota e due turisti,
compirà probabilmente il primo volo entro il 2005. La sua attività
servirà a finanziare parte dei programmi scientifici di esplorazione
dello spazio; le tariffe per il momento rimangono piuttosto care: un
viaggio alla Stazione Spaziale Internazionale costerà circa 20 milioni
di dollari.
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LE MISSIONI |
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Esplorazione
dello Spazio |
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Veicoli spaziali |
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1 |
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PROGRAMMI SPAZIALI
SENZA EQUIPAGGIO |
L’antico sogno umano di conquista dello spazio si concretizzò il 4 ottobre
1957, con l'emozionante lancio del primo satellite artificiale orbitante,
lo Sputnik 1, effettuato dall'Unione Sovietica.
1.1 |
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Primi satelliti
artificiali |
Lo Sputnik 1 era una sfera
di alluminio di 58 cm di diametro e di 83 kg di peso. Orbitava attorno
alla Terra in 96,2 minuti, compiendo una traiettoria ellittica che portava
il satellite a un apogeo di 946 km e a un perigeo di 227 km. La sfera
conteneva strumenti che per 21 giorni consecutivi trasmisero dati
riguardanti i raggi cosmici e le meteoriti, e fornirono informazioni sulle
condizioni di densità e di temperatura dei gas che compongono l'alta
atmosfera. Dopo 57 giorni il satellite rientrò nell'atmosfera terrestre e
venne distrutto dal calore di attrito.
Il secondo satellite artificiale, lo Sputnik 2, venne lanciato il 3
novembre 1957 recando a bordo una cagnetta di nome Lajka. La missione
permise di effettuare i primi studi sugli effetti del volo in orbita su
organismi viventi. Lo Sputnik 2 rientrò nell'atmosfera terrestre,
distruggendosi, dopo 162 giorni di volo.
Il 31 gennaio 1958, mentre lo Sputnik 2 era ancora in orbita, gli
Stati Uniti lanciarono il loro primo satellite, l'Explorer 1. La
sonda, un cilindro di 15 cm di diametro, lungo 203 cm e del peso di 14 kg,
effettuò per 112 giorni precise misurazioni sui raggi cosmici e i
micrometeoroidi; fornì inoltre i primi dati da satellite che condussero
alla scoperta delle fasce di radiazione di Van Allen.
Il 17 marzo 1958 gli Stati Uniti collocarono in orbita il Vanguard 2,
che per oltre sei anni trasmise segnali utilizzando solo energia solare;
lo studio preciso delle variazioni della sua traiettoria fornì preziosi
dati sulla forma del nostro pianeta. Il Vanguard 2 fu seguito dall'Explorer
3, lanciato il 26 marzo 1958, e dallo Sputnik 3 sovietico,
lanciato il 15 maggio. Quest'ultimo, del peso di 1327 kg, effettuò
misurazioni sulla radiazione solare, sui raggi cosmici e sul campo
magnetico terrestre, finché la sua orbita decadde nell'aprile del 1960.
1.2 |
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Missioni lunari senza
equipaggio |
La Luna è stata meta di innumerevoli missioni spaziali. Le prime due
furono quella della sonda sovietica Lunik 2, lanciata il 12
settembre 1959 e caduta sulla Luna dopo 36 ore e, di pochi mesi dopo,
quella della statunitense Pioneer 4. Le prime fotografie della
faccia nascosta furono scattate dalla sonda Lunik 3, lanciata il 4
ottobre 1959. Uno dei successi più eclatanti fu ottenuto dalla missione
del Ranger 7, lanciato dagli USA il 28 luglio 1964: prima di cadere
sulla faccia visibile della Luna, il satellite trasmise 4316 immagini
della superficie del nostro satellite, riprese da una quota variabile tra
i 300 m e i 1800 km.
Il 31 gennaio 1966 l'URSS lanciò il Lunik 9, che effettuò il primo
allunaggio morbido. A questa missione, il 30 maggio fece seguito il lancio
del Surveyor 1, che si posò sulla superficie lunare e trasmise alla
Terra 11.150 immagini. Oltre alla raccolta di informazioni scientifiche,
le missioni lunari nell'ambito del programma statunitense ebbero come
obiettivo fondamentale quello di riuscire a portare l'uomo sulla Luna. A
questo scopo vennero effettuati moltissimi altri lanci di sonde
automatiche, tra le quali Surveyor 3 e 5, del 1967: il
Surveyor 3 raccolse campioni del suolo e li esaminò per mezzo di una
telecamera; il Surveyor 5 analizzò chimicamente la superficie
lunare, compiendo così la prima analisi sul posto di un campione
extraterrestre.
Nel 1966 e nel 1967 le sonde trasportate dalla navicella statunitense
Lunar Orbiter orbitarono attorno alla Luna, inviando a Terra migliaia
di fotografie, in seguito utilizzate per la scelta dei siti di allunaggio
delle missioni Apollo.
Pochi anni più tardi, dopo i primi sbarchi di astronauti americani sul
nostro satellite (di cui si parlerà oltre), l’Unione Sovietica portò a
termine con successo altre due missioni di notevole rilievo. La sonda
Lunik 16, lanciata il 12 settembre 1970, si posò sulla Luna e stivò
circa 113 g di suolo lunare, in seguito analizzati nei laboratori
terrestri. La Lunik 17, lanciata il 10 novembre 1970, depositò
sulla superficie del satellite un veicolo automatico a ruote denominato
Lunokhod 1, dotato di una telecamera e alimentato a batterie solari.
Nel corso di dieci giorni lunari il veicolo, controllato da Terra,
percorse 10,5 km, effettuando riprese televisive e misure scientifiche.
Nel 1973 il Lunik 21, con il Lunokhod 2, ripeté la stessa
esperienza.
1.3 |
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Satelliti scientifici |
Da quando sono stati messi a punto vettori di lancio più affidabili, sono
stati messi in orbita innumerevoli satelliti artificiali, destinati ai
fini più diversi. Quelli scientifici hanno consentito di effettuare studi
accurati del Sole, delle altre stelle, della Terra e degli altri corpi
celesti e di raccogliere dati astronomici impossibili da ottenere
direttamente dalla superficie terrestre a causa dell’effetto schermante
dell'atmosfera.
Alcuni di questi satelliti scientifici sono gli osservatori solari
orbitanti (OSO), che dal 1962 effettuano ricerche sulle radiazioni
ultraviolette, X e gamma, emesse dal Sole. Alcuni satelliti pionieristici
hanno studiato la radiazione cosmica di fondo, il vento solare e i campi
elettromagnetici associati. Gli osservatori astronomici orbitanti (OAO)
hanno analizzato più in particolare le emissioni elettromagnetiche delle
stelle, mentre gli osservatori geofisici orbitanti (OGO) hanno compiuto
rilevamenti sulla forma della Terra e sul campo geomagnetico. Il satellite
IRAS (Infrared Astronomy Satellite, satellite per astronomia infrarossa),
lanciato nel 1983 su progetto anglo-statunitense, ha osservato la nostra
galassia alle lunghezze d'onda dell'infrarosso.
Uno dei più noti ed efficienti strumenti scientifici attualmente in orbita
intorno alla Terra è il telescopio spaziale Hubble, installato nel 1990
dallo space shuttle Discovery. Il telescopio ha fornito e continua
a fornire immagini ottiche qualitativamente senza precedenti di tutto il
cosmo visibile. Lo strumento, che inizialmente aveva rivelato un difetto
di messa a fuoco, è stato riparato in orbita dagli astronauti dell'Endeavour
nel dicembre del 1993.
1.4 |
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Satelliti applicativi |
I satelliti applicativi si dividono in quattro grandi classi: satelliti
per telecomunicazioni, meteorologici, per lo studio delle risorse
terrestri e per la navigazione.
I satelliti meteorologici permettono di raccogliere dati precisi sulle
condizioni atmosferiche di tutto il pianeta. In particolare, quelli in
orbita geostazionaria inviano immagini di grandi aree della superficie
terrestre a intervalli di circa 30 minuti, rendendo possibile una costante
verifica dei modelli di previsione. Due satelliti geostazionari sono
sufficienti a coprire un intero continente e le aree oceaniche adiacenti.
I Landsat statunitensi
e il satellite europeo SPOT (Système Probatoire pour l'Observation de
la Terre) osservano la Terra con sofisticati scanner ottici
multispettrali e trasmettono i dati alle stazioni terrestri. Una volta
ricostruiti in immagini a colori, questi dati forniscono informazioni
sulle caratteristiche del suolo, sulle quantità di acqua e ghiaccio, sul
vapore acqueo in prossimità delle coste, sulla salinità, sugli incendi. Le
osservazioni delle faglie e delle fratture della crosta terrestre sono
invece di aiuto per la localizzazione di giacimenti petroliferi e
minerari.
I satelliti per l'osservazione della superficie terrestre vengono
utilizzati da alcuni paesi per raccogliere informazioni di importanza
militare, come la presenza di rampe di lancio di missili balistici in una
determinata zona, l’effettuazione di esperimenti nucleari, i movimenti di
navi e di truppe. I satelliti per la navigazione forniscono un punto di
osservazione fisso sull'orbita terrestre, che viene utilizzato da navi e
sottomarini per determinare la propria posizione con una precisione di
pochi metri. Un complesso sistema satellitare per la navigazione, detto
Navstar, viene impiegato per uso militare e commerciale.
2 |
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MISSIONI SPAZIALI CON
EQUIPAGGIO |
Appena un anno dopo il successo dei primi satelliti artificiali, sia gli
Stati Uniti sia l'Unione Sovietica svilupparono programmi mirati a portare
l'uomo nello spazio. Le missioni con equipaggio umano furono precedute da
esperimenti su animali per studiare l'effetto dell'assenza di peso sugli
esseri viventi.
2.1 |
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Programmi Vostok e
Mercury |
Il 12 aprile 1961 l'Unione Sovietica raggiunse l'obiettivo del volo
orbitale umano con la missione della navicella Vostok 1, che
trasportava il cosmonauta Jurij A. Gagarin. Durante il volo, durato 1 ora
e 48 minuti, egli raggiunse un apogeo di 327 km e un perigeo di 180 km,
atterrando con successo in Siberia. Nei due anni seguenti vennero lanciate
altre cinque Vostok, l'ultima delle quali, pilotata dalla
cosmonauta Valentina Tereškova, compì 48 orbite attorno alla Terra.
Contemporaneamente, gli Stati Uniti svilupparono il programma statunitense
Mercury per sperimentare le condizioni di volo in orbita. Il 5
maggio 1961 Alan B. Shepard Jr. effettuò una traiettoria balistica a bordo
della navicella Freedom 7, compiendo un volo suborbitale di 15
minuti. Una missione simile venne ripetuta il 21 luglio da Virgil I.
Grissom. Il 20 febbraio 1962 John Glenn compì tre orbite attorno alla
Terra. Nel medesimo periodo si svolsero altri tre voli Mercury,
pilotati da M. Scott Carpenter, Walter M. Schirra e Leroy Gordon Cooper.
2.2 |
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Programmi Voskhod e
Gemini |
La navicella Voskhod, un'evoluzione della Vostok, fu
progettata per ospitare due o tre cosmonauti. Il 12 ottobre 1964 Vladimir
M. Komarov, Boris B. Egorov e Konstantin P. Feoktistov effettuarono un
volo di 15 orbite a bordo della Voskhod 1. La Voskhod 2
venne lanciata il 18 marzo dell'anno successivo con un equipaggio formato
dagli astronauti Pavel I. Beljaev e Aleksej A. Leonov; durante la missione
Leonov effettuò la prima "passeggiata" nello spazio, cioè la prima
attività extraveicolare (EVA), uscendo dalla navicella e rimanendovi
ancorato mediante un cavo.
La navicella statunitense Gemini venne progettata per sperimentare
la tecnologia richiesta per raggiungere la Luna e per verificare le
possibilità di manovra nello spazio di veicoli in grado di ospitare un
equipaggio composto da più di un astronauta. Nel maggio del 1961 venne
istituito il programma Apollo, con l'obiettivo di portare un uomo
sul suolo lunare e farlo ritornare sulla Terra "prima della fine del
decennio". Questo ambizioso proposito produsse una fitta serie di voli
pilotati e, nel corso degli anni successivi, vennero effettuate circa
dieci missioni nell'ambito del progetto Gemini.
Durante il volo della Gemini 4, Edward H. White effettuò
un'attività extraveicolare durata 21 minuti, utilizzando un propulsore
personale a getti di gas. Nel dicembre 1965 le Gemini 6 e 7
si avvicinarono l'una all'altra fino a una distanza inferiore al metro. La
prima di esse atterrò dopo un volo di circa 20 ore, con i cosmonauti
Schirra e Thomas P. Stafford. La Gemini 7, il cui equipaggio era
formato da Frank Borman e James A. Lovell Jr., rimase invece in orbita per
334 ore, fornendo importanti dati medici sulla permanenza dell'uomo nello
spazio e verificando l'affidabilità del sistema di propulsione a idrogeno
e ossigeno. Nel corso dei voli delle Gemini 10, 11 e 12
vennero effettuati avvicinamenti e agganci ripetuti a un veicolo bersaglio
messo preventivamente in orbita.
2.3 |
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Programmi Soyuz e
Apollo |
L'anno 1967 fu segnato da tragici incidenti per entrambe le nazioni che si
proponevano il traguardo dell'esplorazione della superficie lunare. Il 27
gennaio, durante un test della navicella Apollo a Cape Kennedy, si
sviluppò un incendio nel modulo di comando; a causa dell'atmosfera di
ossigeno puro in pressione, le fiamme divamparono in un istante, e i tre
astronauti Grissom, White e Roger B. Chaffee finirono arsi vivi. Il
programma Apollo fu ritardato di oltre un anno a causa del
terribile incidente. Il 23 aprile dello stesso anno venne lanciato nello
spazio il cosmonauta Komarov a bordo della Soyuz, una nuova
navicella sovietica che poteva ospitare tre astronauti ed era dotata di un
modulo di lavoro separato. Durante il rientro nell'atmosfera terrestre, si
verificò un incidente banale e terribile: l’attorcigliamento delle funi
dei paracadute della capsula. Per l’occupante non vi fu scampo.
Nell'ottobre del 1968 venne lanciato il primo Apollo con
equipaggio. Gli astronauti Schirra, R. Walter Cunningham e Donn F. Eisele
effettuarono 163 orbite, durante le quali controllarono le prestazioni
della navicella, scattarono numerose fotografie della Terra e trasmisero
immagini televisive. Nel dicembre del 1968 l'Apollo 8, che portava
a bordo gli astronauti Borman, Lovell e William A. Anders, compì dieci
orbite intorno alla Luna, quindi atterrò regolarmente. Lo sgancio,
l'avvicinamento e il riagganciamento del modulo lunare (LEM) vennero
provati nel corso delle 151 orbite terrestri dell'Apollo 9, con gli
astronauti James A. McDivitt, David R. Scott e Russell L. Schweickart. L'Apollo
10 effettuò una prova generale di allunaggio, durante la quale gli
astronauti Stafford e Cernan si trasferirono dal modulo di comando al LEM
e scesero fino a circa 16 km dalla superficie lunare. Durante l'operazione
essi provarono l'avvicinamento e il riagganciamento del LEM, quindi si
trasferirono di nuovo nel modulo di comando, nel frattempo affidato
all'astronauta Young. Con questa missione il progetto Apollo era
ormai pronto per portare l'uomo sulla Luna.
Nello stesso periodo, l'Unione Sovietica lanciò la Zond, una
navicella senza equipaggio che effettuò numerose riprese e alcuni
importanti esperimenti biologici. Nell'ottobre del 1968 l'astronauta
Georgj T. Beregovoj effettuò una missione di 60 orbite con la Soyuz 3,
e nel gennaio dell'anno successivo le Soyuz 4 e 5 si
incontrarono in orbita; mentre le due navicelle erano attaccate, i
cosmonauti Aleksej S. Eliseev ed Evgenij V. Khrunov, utilizzando tute
spaziali, si trasferirono dalla Soyuz 5 alla Soyuz 4, che
era pilotata da Vladimir A. Šatalov. Nell'ottobre del 1969, le Soyuz 6,
7 e 8, lanciate a un giorno di distanza l'una dall'altra, si
incontrarono in orbita senza però agganciarsi. Nel giugno del 1970 la
Soyuz 9, con un equipaggio di due cosmonauti, effettuò un volo record
di quasi 18 giorni.
La Saljut e lo Skylab
furono i primi veicoli progettati come stazioni spaziali, basi orbitanti
abitate destinate a sperimentazioni scientifiche avanzate.
La prima stazione spaziale della storia fu la sovietica Saljut 1,
lanciata il 19 aprile 1971. Tre giorni dopo fu agganciata dalla Soyuz
10, ma per ragioni ignote i cosmonauti si sganciarono e tornarono
sulla Terra senza essere entrati nella stazione. Nel giugno dello stesso
anno la Soyuz 11 si agganciò alla Saljut 1, e i tre uomini
dell’equipaggio vi rimasero per la durata record di 24 giorni, durante i
quali vennero condotti diversi esperimenti scientifici. Durante il viaggio
di ritorno si verificò un guasto e i tre cosmonauti Georgij T. Dobrovolskj,
Vladislav N. Volkov e Viktor I. Patsaev (che non indossavano tute
spaziali) vennero trovati senza vita dopo l'atterraggio, vittime della
depressurizzazione. Il programma spaziale sovietico subì un lungo ritardo.
La Saljut 2 venne lanciata nell'aprile del 1973, ma andò fuori
controllo e perse alcune sezioni in orbita.
Il programma sovietico proseguì con le Saljut 3 (giugno 1974 –
gennaio 1975), 4 (dicembre 1974 – febbraio 1977), 5 (giugno
1976 – agosto 1977), 6 (settembre 1977 – luglio 1982) e 7
(aprile 1982). Le ultime due stazioni vennero visitate da numerosi
equipaggi internazionali, composti da cosmonauti cubani, francesi e
indiani. Una delle missioni più interessanti della serie Saljut/Soyuz
fu compiuta nel 1984, quando i cosmonauti Leonid Kizim, Vladimir Solovev e
Oleg Atkov rimasero 237 giorni a bordo della Saljut 7 prima di fare
ritorno sulla Terra. La Saljut 7 è tuttora in orbita, ma non è più
operativa.
La stazione spaziale Mir fu progettata per succedere alla serie
Saljut. Lanciata il 19 febbraio 1986, era previsto che rimanesse in
orbita per 5 anni, ma rimase operativa per il triplo del tempo e fu
smantellata soltanto nel marzo 2001. Aveva sei portelloni di aggancio e
poteva ospitare un equipaggio di due cosmonauti per volta. A bordo della
Mir furono più volte stabiliti record di permanenza nello spazio:
nel 1987 da Jurij Romanenko, che vi si trattenne per 326 giorni, e negli
anni 1987-88 da Vladimir Titov e Musa Manarov, che raggiunsero i 366
giorni. La stazione è stata smantellata il 23 marzo 2001: è stata guidata
su una traiettoria di rientro e fatta precipitare nell’oceano Pacifico. Ha
compiuto in tutto 86.311 orbite intorno alla Terra alla velocità media di
7,69 km/s, a una quota media di 375 km dalla superficie terrestre.
3.2 |
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Stazioni statunitensi |
Il programma statunitense ebbe inizio il 25 maggio 1973 con il lancio
dello Skylab da un vettore Saturno 5; la stazione, che
pesava circa 88.900 kg, servì come laboratorio orbitante e venne
utilizzata per studi astronomici sul Sole, per studi medici sull'effetto
dell'ambiente spaziale sull’organismo umano, per osservazioni intensive e
multispettrali della Terra e per vari esperimenti scientifici e
tecnologici, come la crescita di cristalli in assenza di gravità.
Lo Skylab venne danneggiato
durante il lancio, ma fu rapidamente riparato dall'equipaggio, composto
dagli astronauti Conrad, Joseph P. Kerwin e Paul J. Weitz, i quali
complessivamente rimasero nello spazio per circa 28 giorni. Con le due
missioni che seguirono, il progetto Skylab ebbe completo successo;
vennero impiegate oltre 740 ore in osservazioni solari e vennero raccolte
175.000 immagini del Sole e 64.000 della superficie terrestre. L'11 luglio
1979, durante la sua orbita numero 34.981, lo Skylab precipitò
sulla Terra, spargendo frammenti su un'area scarsamente popolata
dell'Australia e sull'oceano Indiano.
Gli Stati Uniti, la Russia, il Canada, il Giappone e gli stati europei
membri dell'Agenzia spaziale europea sono attualmente impegnati
nell’installazione della nuova Stazione Spaziale Internazionale, il cui
completamento è previsto per il 2006.
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L'UOMO SULLA LUNA |
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Esplorazione
dello Spazio |
Le missioni |
L'uomo sulla Luna |
Veicoli spaziali |
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Nel 1969 l'umanità raggiunse finalmente l'obiettivo dello sbarco sulla
Luna. Il volo storico dell'Apollo 11 iniziò il 16 luglio. Dopo
essere entrati in orbita lunare, Edwin E. Aldrin Jr. e Neil Armstrong si
trasferirono nel LEM, il modulo per l'allunaggio, mentre il modulo di
comando era affidato al pilota Michael Collins. Il modulo lunare toccò
la superficie del satellite il 20 luglio, nei pressi del margine del
Mare della Tranquillità; poche ore dopo Armstrong mise piede sul suolo
lunare, pronunciando le storiche parole: "Un piccolo passo per un uomo,
un balzo gigantesco per l'umanità". L'astronauta venne raggiunto da
Aldrin e, insieme, i due camminarono per due ore sulla superficie della
Luna, sperimentando una forza di gravità pari a un sesto di quella
terrestre; raccolsero 21 kg di campioni del suolo, scattarono fotografie
e installarono un apparato sperimentale per l'analisi del vento solare,
un riflettore laser e un laboratorio per misure sismiche; piantarono
quindi una bandiera statunitense e comunicarono, via satellite, con il
presidente Richard Nixon. I due astronauti lasciarono la Luna
utilizzando lo stadio superiore del LEM e sfruttando quello inferiore
come rampa di lancio. Il modulo di risalita venne abbandonato dopo
l'agganciamento con il modulo di comando e i due astronauti si
trasferirono di nuovo nella navicella. Il volo di ritorno dell'Apollo
11 non presentò inconvenienti e la navicella ammarò il 24 luglio
nell'oceano Pacifico, nei pressi delle Hawaii, dove venne agevolmente
recuperata.
La successiva missione di allunaggio iniziò il 14 novembre 1969, quando
venne lanciato l'Apollo 12 con gli astronauti Charles Conrad Jr.,
Richard F. Gordon Jr. e Alan L. Bean. Dopo l'entrata in orbita lunare,
Conrad e Bean si trasferirono nel LEM, quindi sbarcarono sulla
superficie del satellite a nord dei monti Riphaeus, ad appena 180 m dal
luogo dove due anni prima si era posata la sonda Surveyor 3.
I due astronauti esplorarono la zona circostante in due fasi, ciascuna di
circa quattro ore, durante le quali effettuarono esperimenti
scientifici, scattarono numerose fotografie, prelevarono campioni del
suolo lunare e raccolsero alcuni pezzi del Surveyor 3 perché
fossero esaminati sulla Terra. Dopo il decollo dalla Luna e il
rendez-vous con il modulo di comando pilotato da Gordon, ammararono
felicemente il 24 novembre.
L'11 aprile 1970 venne lanciato l'Apollo 13, con a bordo gli
astronauti Jim Lovell, Fred W. Haise Jr. e John L. Swigert Jr. Una grave
avaria durante il volo, prodotta dalla rottura di un serbatoio di
ossigeno, costrinse gli astronauti a cancellare il piano di allunaggio.
Utilizzando l'energia e i sistemi di sopravvivenza del modulo lunare,
essi fecero rientro sulla Terra ammarando nel Pacifico meridionale, a
sud di Pago Pago, il 17 aprile.
La missione fallita dell'Apollo 13 venne portata a compimento
dall'equipaggio dell'Apollo 14, lanciato il 31 gennaio 1971. Gli
astronauti Shepard, ormai veterano dello spazio, ed Edgar D. Mitchell
allunarono con il LEM nell'irregolare regione di Fra Mauro, mentre
Stuart A. Roosa rimase nel modulo di comando in orbita lunare. Shepard e
Mitchell esplorarono per oltre nove ore un'area che si credeva contenere
alcune delle rocce più vecchie mai studiate, raccogliendo circa 43 kg di
campioni e installando apparecchiature per esperimenti scientifici. Il 9
febbraio 1971 gli astronauti fecero ritorno sulla Terra.
L'Apollo 15 venne lanciato
il 26 luglio 1971, con il comandante Scott, il pilota del LEM James B.
Irwin e il pilota del modulo di comando Alfred M. Worden. Scott e Irwin
rimasero 2 giorni e 18 ore sulla superficie lunare ai margini del mare
Imbrium, in prossimità della scarpata profonda 366 m di Hadley e degli
Appennini lunari, una delle catene più alte. Nel corso della loro
esplorazione, gli astronauti percorsero più di 28,2 km nella zona del
monte Hadley, servendosi di un rover elettrico a quattro ruote.
Installarono inoltre una complessa serie di strumenti scientifici e
raccolsero circa 91 kg di rocce, tra cui un frammento di circa 4,6
miliardi di anni che venne ritenuto un costituente della crosta
cristallina originale del satellite. Una telecamera lasciata al suolo
riprese la partenza di Scott e Irwin dalla superficie della Luna; prima
che l'equipaggio lasciasse l'orbita lunare per ritornare verso la Terra,
venne lanciato un "subsatellite" di 35,6 kg, progettato per trasmettere
dati sui campi lunari. Nel corso del viaggio di ritorno, Worden fece una
passeggiata spaziale di 16 minuti quando la navicella si trovava a circa
315.400 km dalla Terra. Gli astronauti dell'Apollo 15 ammararono
senza problemi il 7 agosto, circa 530 km a nord delle Hawaii.
Il 16 aprile 1972 gli astronauti Young, Charles Moss Duke Jr. e Thomas
Kenneth Mattingly vennero lanciati verso la Luna a bordo dell'Apollo
16, per esplorare le colline di Cartesio e le pianure di Cayley. Il
20 aprile, mentre Mattingly li attendeva in orbita, gli altri due
astronauti effettuarono l'allunaggio nell'area prevista, dove rimasero
20 ore e 14 minuti, eseguendo numerosi esperimenti, percorrendo circa
26,6 km con il rover e prelevando oltre 97 kg di campioni di rocce.
Le missioni verso la Luna
programmate dagli Stati Uniti si conclusero con il volo dell'Apollo
17, tra il 6 e il 19 dicembre 1972. Nel corso della missione di 13
giorni, l'astronauta Cernan e il geologo Harrison H. Schmitt rimasero 22
ore sul suolo lunare, percorsero 35 km con il rover ed esplorarono la
regione della valle di Taurus-Littrow, mentre al comandante Ronald E.
Evans era affidato il modulo di comando.
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VEICOLI SPAZIALI |
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Esplorazione
dello Spazio |
Le missioni |
L'uomo sulla Luna |
Veicoli spaziali |
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I veicoli spaziali senza equipaggio possono avere forme e dimensioni
diverse, variando da pochi centimetri a parecchi metri di diametro, a
seconda degli scopi per i quali sono progettati. Sono sempre dotati di un
sistema trasmittente che invia a Terra i dati e le informazioni raccolte e
segnala costantemente la posizione.
Le navicelle con equipaggio sono naturalmente molto più sofisticate delle
sonde automatiche: sono progettate per garantire agli astronauti aria,
cibo e acqua; sono dotate di strumenti per la navigazione e la guida, di
spazi per il riposo e per la notte, nonché di apparecchi di comunicazione
utilizzati per trasmettere e ricevere informazioni. Una caratteristica
distintiva dei veicoli con equipaggio è lo schermo che protegge gli
astronauti dal calore sviluppato per attrito contro l’atmosfera, nella
fase di rientro a Terra.
I viaggi spaziali sono divenuti possibili solo nel XX secolo, quando le
conoscenze scientifiche e tecnologiche hanno consentito lo sviluppo del
sistema di propulsione a razzo e dei sistemi di guida e di controllo del
veicoli. Il principio teorico della propulsione a razzo è noto da lungo
tempo; si narra che già nel 1232 la città di Kaifeng, in Cina, fosse stata
difesa dalle orde mongole con l’impiego di razzi che utilizzavano come
propellente polvere da sparo. Il primo razzo a propellente liquido venne
lanciato con successo il 16 marzo 1926 dal fisico statunitense Robert
Goddard. Un considerevole impulso allo sviluppo di razzi suborbitali a
grande gittata fu dato dalla seconda guerra mondiale. Gli Stati Uniti,
l'Unione Sovietica, la Gran Bretagna e la Germania svilupparono
contemporaneamente vari razzi a scopo militare, una parte dei quali venne
utilizzata al termine del conflitto per voli sperimentali.
I motori dei razzi, utilizzati per il lancio di veicoli spaziali, sono
principalmente di due tipi: a propellente solido e a propellente liquido.
I primi impiegano prodotti chimici che bruciano in modo simile alla
polvere da sparo, mentre nel secondo caso vengono usati carburanti liquidi
e ossidanti immagazzinati in serbatoi separati. Poiché la tecnologia di
costruzione dei vettori spaziali è molto simile a quella dei missili
balistici intercontinentali, non è un caso che dal 1957 fino al 1965 i
soli due paesi a possedere la tecnologia per lanciare satelliti siano
stati Unione Sovietica e Stati Uniti. Successivamente anche Francia,
Giappone, India e Cina hanno acquisito la capacità di progettazione e
costruzione di vettori sempre più sofisticati e, dal maggio del 1984,
l’Agenzia spaziale europea, con tredici stati membri, ha dato inizio a un
proprio programma di lanci.
I veicoli spaziali vengono lanciati da apposite rampe, attraverso
procedure rigorosissime seguite passo passo da schiere di computer. Il
controllo computerizzato serve a rilevare il minimo malfunzionamento di un
qualsiasi componente del veicolo o del razzo vettore e ad arrestare
istantaneamente, quando sia il caso, la procedura stessa.
Altrettanto delicata è la fase di rientro a Terra; in particolare è
necessario schermare la navicella dall’enorme calore sviluppato per
attrito all’ingresso nell’atmosfera. Nei veicoli spaziali Mercury,
Gemini e Apollo, il problema veniva risolto per mezzo di
scudi termici in grado di dissipare il calore in eccesso. Allo stesso
scopo, gli space shuttle sono rivestiti di piastrelle in materiale
ceramico refrattario al calore.
1.3 |
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In orbita attorno
alla Terra |
L'orbita di un oggetto intorno alla Terra può essere circolare oppure
ellittica. Un satellite artificiale in orbita circolare viaggia a velocità
costante: maggiore è l'altitudine, minore è la velocità del suo moto
relativo rispetto alla superficie terrestre. Un satellite situato a
un'altezza di 35.800 km sull'equatore descrive un'orbita geosincrona
(percorsa alla stessa velocità angolare del moto di rotazione terrestre)
in 24 ore, e rimane quindi sempre sulla perpendicolare di un punto fisso
dell'equatore. Un’orbita di questo tipo è detta geostazionaria, e viene
utilizzata per molti tipi di satelliti, tra cui quelli per
telecomunicazioni.
Al contrario, la velocità di un oggetto che descrive un'orbita ellittica
intorno alla Terra non è costante in tutti i punti della traiettoria:
raggiunge il valore massimo in prossimità del perigeo (il punto più vicino
al nostro pianeta) e quello minimo all'apogeo (il punto più lontano da
esso). Un'orbita ellittica può giacere su qualunque piano passante per il
centro della Terra; in particolare, viene detta polare se il piano
contiene l'asse terrestre o equatoriale se passa per l'equatore. L'angolo
tra il piano orbitale e l'equatore prende il nome di inclinazione
dell'orbita.
Osservata da un satellite in orbita polare, la Terra compie una rotazione
completa ogni 24 ore. Un satellite meteorologico, quindi, che descriva
un'orbita di questo tipo e che trasporti telecamere televisive e a
infrarossi può in un solo giorno osservare le condizioni meteorologiche
dell'intero globo. Un'orbita diversamente inclinata permette invece
l'osservazione diretta di una porzione più ridotta della superficie
terrestre.
Un oggetto in orbita nello spazio percorre la sua traiettoria senza
bisogno di spinta propulsiva, dal momento che non si manifestano forze di
attrito che rallentino il moto. Se invece la traiettoria attraversa
l’atmosfera, parte della sua energia viene dissipata per effetto
dell'attrito e il corpo rallenta, fino a perdere progressivamente quota e
a rientrare nell’atmosfera, bruciando per il calore.
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