ARCHIVIO ASTRONEWS:
maggio 2010 |
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30 MAGGIO
2010: |
Lo shuttle Atlantis col
suo ultimo atterraggio va in pensione |
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Avvicinandosi da
sud, il comandante
Kenneth Ham ha preso
i comandi a circa
15'000 metri di
quota sopra lo
spazioporto ed ha
guidato Atlantis in
una virata di 320
gradi per allinearsi
alla pista numero 33
della Shuttle
Landing Facility.
Mentre scendeva con
un angolo di 21°,
Ham ha tirato su il
muso della navetta
mentre il pilota
Dominic "Tony"
Antonelli estendeva
il carrello
permettendo un
tranquillo
touch-down alle
1248:11 UTC.
La durata della
missione è stata di
11 giorni, 18 ore,
28 minuti e 2
secondi, eseguendo
così 186 orbite
complete e
percorrendo oltre
7,8 milioni di
chilometri.
Momento dolceamaro
per i tecnici che
attendevano il
rientro di Atlantis,
soprattutto perché,
iniziando da questo
atterraggio, si
avranno soltanto più
"ultime volte":
la navetta Atlantis
ha toccato Terra per
non lasciarla più.
Discovery sarà la
prossima, a
settembre od
ottobre, mentre ad
Endeavour toccherà
il capitolo finale,
alla fine di
quest'anno o più
probabilmente
all'inizio del
prossimo.
Varato dalle
officine di Palmdale
il 6 marzo del 1985,
Atlantis ha
effettuato la sua
prima missione il 3
ottobre dello stesso
anno eseguendo la
STS-51J. Nella sua
carriera ha eseguito
cinque missioni
militari, sette
verso la Stazione
Spaziale Russa MIR e
11 verso la ISS. Ha
lanciato due sonde
planetarie, la
Magellano verso
Venere e Galileo
verso Giove, ha
depositato in orbita
il Compton Gamma Ray
Observatory e l'anno
scorso ha visitato
il telescopio
spaziale Hubble per
la sua ultima
missione di
manutenzione.
Ha trasportato
complessivamente 191
membri d'equipaggio
durante 300 giorni
in orbita e
percorrendo oltre
190 milioni di
chilometri.
Bentornato a
casa, Atlantis.
Bentornato sul
nostro pianeta per
rimanerci per
sempre…
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27 MAGGIO
2010: |
Notizie da Marte...
belle e brutte! |
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Traguardo storico
superato dal rover Opportunity mentre intravede a 13 km di
distanza il bordo del cratere verso cui è diretto. Il 20 maggio
ha superato il record di durata della missione su Marte,
detenuto dal lander Viking 1, che era rimasto attivo per sei
anni e 116 giorni (20 luglio 1976 - 13 novembre 1982).
Attualmente il detentore è proprio Opportunity dato che Spirit,
arrivato sul Pianeta Rosso tre settimane prima di lui, è in
ibernazione dal 22 marzo scorso e potrà diventare lui il
detentore del record non appena si risveglierà. Dato che il
solstizio su Marte si è verificato il 13 maggio scorso, ci
potrebbe volere almeno un mesetto prima che ciò accada.
Tenendo presente che la missione dei rover marziani doveva
durare solo 90 giorni, questo risultato è un premio incredibile
per tutti coloro che hanno progettato, realizzato e manovrato i
due rover in tutti questi sei anni. C'è qualche timore per
Spirit, ma il team è fiducioso. A questo scopo la Deep Space
Network è all'erta per un eventuale segnale che dovrebbe
giungere in banda X.
L'odometro di Opportunity, il 12 maggio, al Sol 2239, segnava
20'672,90 metri percorsi.
Nella foto in alto, il percorso di Oppy sulle dune di Marte. |
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Ben diversa la
situazione per quanto riguarda la sonda Phoenix che non ha
risposto neanche al quarto ed ultimo turno di 60 ascolti da
parte dell'orbiter Mars Odyssey. Dal 17 al 21 maggio scorsi,
Odyssey ha inutilmente sintonizzato le antenne riceventi sulle
frequenze di chiamata del lander che però sono rimaste
silenziose. Dato che l'irraggiamento solare è al massimo
possibile per la zona in cui è sceso Phoenix, abbiamo ora la
certezza che non si risveglierà più a causa dei danni che il
lander ha subito dal ghiaccio di diossido di carbonio che si è
formato durante la lunga notte invernale.
Stavolta la missione è definitivamente terminata.
Lo sapevamo che non ce l'avrebbe fatta a risvegliarsi, ma in
fondo un po' ci credevamo.
Ricordiamoci che con i suoi 151 Sol di missione ha superato
abbondantemente il limite di 90 che era prestabilito e i dati
che ci ha inviato sono attualmente in elaborazione.
Comunque è un peccato, sarebbe stato un bel colpo di scena... |
Nella doppia foto
sopra un'immagine del lander ripresa dalla fotocamera HiRISE del
Mars Reconnaissance Orbiter nel 2008, all'inizio della missione,
confrontata con quella ripresa pochi giorni fa, dove non
appaiono praticamente più i pannelli solari, motivo principale
per l'assenza di energia a bordo di Phoenix. |
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24 MAGGIO
2010: |
Le prime foto
dell'impatto di una cometa su Giove |
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A distanza di dieci
mesi dall'ultimo
impatto di un corpo
minore su Giove è
stato pubblicato su
Astrophysical
Journal Letters il
primo lavoro
scientifico dedicato
a quell'evento.
Autori Agustín
Sánchez Lavega e
alcuni suoi
collaboratori del
Planetary Sciences
Group, UPV/EHU-University
of the Basque
Country.
I risultati indicano
che l'impatto era
avvenuto 3-4 ore
prima della scoperta
effettuata da un
astrofilo
australiano il 19
luglio e che dunque
il punto della
collisione era
immerso di poco
nell'emisfero non
illuminato dal Sole.
Per varie analogie
con il precedente
impatto della cometa
Shoemaker-Levy 9 (luglio
1994), al di là
dell'opposta
traiettoria di
avvicinamento al
pianeta, il team di
Sánchez Lavega
propende per una
natura cometaria
dell'oggetto e stima
un diametro di circa
500 metri.
Dopo aver perforato
gli strati meno
densi dell'atmosfera
gioviana, la cometa
è esplosa ad una
profondità di almeno
8000 km, poiché tale
è l'altezza della
colonna di polveri e
ceneri che ha creato
la macchia scura
dall'aspetto ovale,
il cui diametro
medio era di circa
4-5000 km. Non è
invece stato
chiarito se le
particelle che
componevano la
macchia scura (il
diametro delle quali
è stimato in pochi
millesimi di
millimetro)
provenissero dalla
polverizzazione del
corpo impattante
oppure se a crearle
sono stati i gas
atmosferici
sottoposti alle
altissime
temperature
dell'evento.
Un dato certo è
invece l'inattesa
frequenza con cui si
verificano impatti
cometari su Giove:
uno ogni 50-250 anni
era la stima finora
condivisa, ma due
impatti a distanza
di soli 15 anni
fanno ora propendere
diversi ricercatori
per una frequenza
più elevata,
addirittura un
impatto ogni 10-15
anni, considerando
diametri cometari
fra 0,5 e 1 km.
Se così fosse, anche
i rischi per la
Terra potrebbero
aumentare, ma Giove
ha la particolarità
di attrarre verso di
sé più corpi minori
di quanto non faccia
il nostro pianeta, e
ciò ovviamente a
causa della ben
superiore massa.
Forse questa volta
non dobbiamo
preoccuparci più di
tanto.
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22 MAGGIO
2010: |
"LA NOTTE DI
GALILEO" |
Collaborazione PON 2010
- Istituto Comprensivo di Collemeto (Le) |
...osserviamo il cielo 400 anni dopo! |
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- clicca
sull'immagine per ingrandirla - |
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Data di svolgimento: |
sabato 22 maggio 2010 |
Orari: |
dalle ore 20:30 arrivo degli alunni frequentanti il PON |
dalle ore 21:00 apertura al pubblico |
Luogo di svolgimento: |
Osservatorio Astronomico "San Lorenzo"
via Agnesi, 1 - Casarano (Le) |
Informazioni e prenotazioni:
chiamando al num. 328/8356836 |
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Oltre 20 alunni della scuola elementare di Collemeto (Le) in visita presso la nostra nuovissima sede (che verrà inaugurata i primi di maggio) ed il nostro Osservatorio per completare e chiudere un PON 2010 di Scienze. La serata coincide con l'evento nazionale "LA NOTTE DI GALILEO" |
Oltre 20 alunni della scuola elementare, guidati dal prof. Colì, dal tutor e dal Dirigente scolastico, faranno visita al nostro Osservatorio, scelto fra quelli del territorio, per completare e chiudere un PON di 30 ore di Scienze, attraverso l'osservazione diretta della volta celeste.
Luna, Saturno, Venere, Marte e qualche ammasso saranno osservati mettendo a disposizione dei partecipanti due potenti telescopi apparteneti alla nostra associazione.
Nella nuovissima sede dell'A.S.L.A. (che verrà inaugurata i primi di maggio), si potranno ammirare la mostra "ASTRONAUTICS ...DALLO SPUTNIK ALL'APOLLO" (mostra che ha contato più di 15.000 visitatori durante le rassegne culturali e divulgative della scorsa estate), simulazioni su maxi-schermo, filmati e... tantissime altre curiosità.
La serata coincide con l'evento di risonanza nazionale "LA NOTTE DI GALILEO" organizzata dall'UAI Unione Astrofili Italiani e a cui la nostra asociazione aderisce. |
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19 MAGGIO
2010: |
E' scomparsa in questi giorni
una fascia di Giove |
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Giove, dunque, ha
approfittato del
passaggio in
congiunzione per
cambiare look. Le
osservazioni
compiute fino al
termine dello scorso
anno, cioè fino a
quando è stato
possibile osservare
il pianeta gigante
prima che si
nascondesse dietro
il disco solare, non
mostravano nulla di
anormale. Una grande
sorpresa, però,
attendeva gli
astronomi e gli
astrofili qualche
mese più tardi, al
riemergere di Giove
dalla luce solare.
Da qualche giorno,
infatti, si è potuto
notare che manca
all'appello la
fascia
sud-equatoriale, la
cosiddetta SEB
(South Equatorial
Belt), una delle due
evidenti fasce più
scure che
caratterizzano
Giove, visibili
anche quando lo si
osserva con
strumenti
amatoriali.
All'origine delle
fasce, come di
numerose altre
caratteristiche che
rendono unico
l'aspetto di Giove,
vi è la natura
gassosa del pianeta
gigante e le
incredibili
turbolenze che si
generano sia per il
gradiente termico
che per l'elevata
velocità di
rotazione. Il mix di
sostanze chimiche e
le reazioni che le
coinvolgono
finiscono poi col
rendere tutto molto
più pittoresco,
colorando i vari
elementi con tinte
che vanno dal
giallo, al rosso, al
bianco e al marrone.
La scomparsa della
SEB, comunque, non è
affatto una novità
assoluta. Ogni 3-15
anni, infatti,
questa fascia
equatoriale, una
delle regioni più
sensibili del
gigantesco pianeta
gassoso ai
cambiamenti
climatici, sfuma
gradatamente fino a
scomparire del
tutto. Il fenomeno è
noto come South
Equatorial Belt
Disturbance e la sua
evoluzione la si può
quasi osservare in
tempo reale. Dopo
che è rimasta
invisibile per
alcune settimane,
infatti, la SEB
comincia nuovamente
a formarsi.
Inizialmente si
genera un ovale
biancastro dal quale
poi, quasi fosse un
rubinetto aperto,
comincia a
riversarsi materiale
più scuro
proveniente dagli
strati atmosferici
più profondi. Ci
pensano poi gli
impetuosi venti
equatoriali di Giove
a stiracchiare quel
materiale formando
strisce più scure
che pian piano
avvolgeranno
l'intero pianeta.
Tempo qualche
settimana, dunque, e
Giove potrà
sfoggiare una SEB
nuova fiammante.
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14 MAGGIO
2010: |
L'Ospedale Civile di
Casarano modifica i suoi fari su richiesta della nostra
Associazione |
IL PROBLEMA
DELL’INQUINAMENTO LUMINOSO A CASARANO: UN’OSTACOLO FACILENTE
SUPERABILE COME NEL CASO DELL’OSPEDALE “F. FERRARI” |
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Poco tempo fa si è discusso sul “nuovo” (si fa
per dire!) impianto luminoso nelle piazze centrali di Casarano e
sulla sua dubbia regolarità in norma di Legge, una soluzione “di
arrangiamento” poco producente e che ha fatto evitare non pochi
“step” burocratici e tempi di modifica molto lunghi.
E fin qui normale (mal funzionante) amministrazione…
Circa 30 giorni fa la nostra Associazione
Astronomica, di cui è parte integrante l’Osservatorio, si è
ritrovata ad interrompere la propria attività di osservazione
pubblica a causa dei nuovissimi fari proiettori istallati sul
perimetro del vicino Ospedale Civile “F. Ferrari”, abbaglianti,
montati senza il più minimo criterio in termini di norma vigente
sul “contenimento” dell’inquinamento luminoso (Legge nel
Regolamento Regionale N. 13 del 22 agosto 2006: “Misure
urgenti per il contenimento dell’inquinamento luminoso e per il
risparmio energetico”). In qualità di ente riconosciuto e
delegato dalla Regione Puglia, la nostra Associazione ha
contattato direttamente l’Ufficio Tecnico ed indirizzato (il 2
aprile) al geometra una richiesta di “urgente modifica”,
segnalando gli
apparecchi di illuminazione non rispondenti ai presenti criteri,
richiedendone l'intervento affinché venissero modificati o
sostituiti o comunque uniformati ai criteri medesimi.
Risultato? Massima
disponibilità, consulenza sulla modalità delle modifiche,
richiesta accettata!Eppure l’iter burocratico credo che sia
sempre lo stesso: preventivo ad una ditta esterna, ricerca di
fondi, esecuzione dei lavori, sicuramente non una cosa di poco
considerato l’altezza in cui si trovava la vecchia istallazione.
Tempi per l’espletamento: 40 giorni dalla richiesta!
Le buone amministrazioni esistono ancora e
bisogna dare a merito a chi preferisce i fatti alle parole.
In nome dei soci dell’A.S.L.A. un ringraziamento
per la cordialità, la disponibilità e la tempestività dimostrata
dallo staff dell’ufficio tecnico dell’Ospedale, soprattutto dal
geometra.
Forse prendendo l’esempio di queste persone, si possono
raggiungere obiettivi molto più importanti, una giusta “cura”
per una burocrazia lenta e dannosa.
Giuseppe De
Filippi |
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Dal 15 al 23 maggio 2010: |
L'Astronomia, con l'A.S.L.A., nell'edizione
2010 de "LA NOTTE DEI MUSEI" di Foggia |
Serata
Osservativa e Mostra Itinerante "AstroNautics"
-
Museo Interattivo delle Scienze Foggia |
 |
CLICCA
SULL'IMMAGINE PER INGRANDIRLA |
|
In
collaborazione con:
Provincia di Foggia
Sistema Museale Città di Foggia
Biblioteca Provinciale di Foggia |
Con il
patrocinio di:
Provincia di Foggia
|
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La Provincia
di Foggia aderisce, come tradizione,
alla giornata europea "La Nuit
Europèenne des Musèes".
I Musei e la Galleria d'Arte Moderna e
Contemporanea di Foggia prolungheranno
il normale orario di apertura fino alle
ore 01:00 di notte.
La nostra associazione intratterrà tutti
i visitatori con osservazioni dirette
del cielo a partire delle ore 21:00. Il
protagonista assoluto sarà Saturno, ma
anche Marte ed altri oggetti celesti
regaleranno al pubblico piccole grandi
emozioni. |
I
responsabili del Museo Interattivo delle
Scienze di Foggia, in occasione della
presentazione di alcuni libri di
divulgazione scientifica e dell'evento
"La Notte dei Musei", hanno scelto la
nostra mostra itinerante di Astronautica
che verrà esposta per una settimana
all'interno delle sale.
Ci sarà tantissimo spazio dedicato alle
Missioni Apollo, con alcune
gigantografie delle foto storiche, e
riproduzioni delle prime sonde nelle
esplorazioni dello spazio con e senza
equipaggio.
Per la gioia dei più piccoli il Sistema
Solare in scala.
Non mancheranno la proiezione su maxi
schermo di filmati storici e documentari
a tema.
I visitatori potranno ammirare la nostra
mostra AstroFotografica, ancora più
ricca.
L'A.S.L.A., infine, promuoverà, grazie
ad un ricco materiale informativo, la
propria attività divulgativa, facendo
conoscere le proprie AstroIniziative.
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7 MAGGIO
2010: |
La chiazza di petrolio
provoca disagi anche alla NASA |
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Allo
stabilimento
Michoud Facility
della Lockheed
Martin hanno da
poco terminato
la costruzione
del penultimo
serbatoio
esterno del
programma
Shuttle, quello
che servirà al
Discovery a
settembre per
eseguire la sua
ultima missione.
La chiatta
Pegasus si trova
in Louisiana
dove è stata
caricata con
l'enorme
"siluro", ma
contrariamente
al solito, non
sarà la Freedom
Star, una delle
due navi della
NASA che si
occupano di
recuperare gli
SRB dopo le
missioni, a
trasportarla al
KSC, bensì un
rimorchiatore
commerciale che
eseguirà la
prima parte
delle 900 miglia
di viaggio prima
di passare il
carico al
vascello
tradizionale.
Questo a causa
della chiazza di
petrolio che si
sta allargando
nel Golfo del
Messico. La
Freedom Star per
evitare rischi
inutili si trova
ora nel porto di
Gulfport in
Mississippi
pronta ad
incrociare,
nella mattinata
di martedì, la
rotta della
chiatta per
subentrarne nel
trasporto.
La partenza è
prevista per
questa sera,
lunedì 3 maggio.
Dato che il
tempo a
disposizione è
veramente molto,
non ci
dovrebbero
essere problemi
con le
tempistiche di
preparazione
delle varie
missioni, anche
se qualsiasi
intoppo porta
sempre un po' di
preoccupazione
nella dirigenza
del Programma
Space Shuttle.
Qui si sta
parlando dell'External
Tank n° 137 che
in un primo
tempo era
assegnato alla
STS-134 quando
doveva essere
eseguita a
luglio, mentre
ora è destinato
alla STS-133 in
partenza a
settembre. Il
prossimo
serbatoio che
verrà terminato,
fra circa un
mese, sarà il n°
138, ultimo
esemplare, ora
assegnato all'Endeavour
per la STS-134
di novembre.
In foto il
caricamento
dell'ET sulla
chiatta Pegasus
a Michoud.
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3 MAGGIO
2010: |
Sono stati gli asteroidi a dare
origine agli oceani? |
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Sono apparsi ieri su
Nature un paio di
articoli relativi
alla scoperta di
ghiaccio d'acqua e
molecole organiche
sulla superficie
dell'asteroide 24
Themis. E' la prima
volta che avviene
una scoperta del
genere e il tutto va
a vantaggio di
quelle teorie che
affermano che gli
oceani del nostro
pianeta possono
essersi formati a
seguito di impatti
asteroidali (a
supporto di tali
teorie c'erano
finora unicamente le
molecole d'acqua e i
sali ritrovati in
alcune meteoriti).
Di questo avviso è
anche Humberto
Campins, leader
della principale
campagna osservativa
compiuta su Themis
tramite l'Infrared
Telescope Facility
delle Hawaii, e
primo firmatario di
uno degli articoli.
Dell'asteroide è
stata analizzata la
luce solare riflessa
nel corso del suo
periodo di rotazione
(lungo 8,38 ore e
con variazioni di
0,1 magnitudini) e
con sorpresa i
ricercatori
impegnati nella
riduzione dei dati
raccolti si sono
resi conto che
Themis è
uniformemente
ricoperto da un
sottile strato di
ghiaccio d'acqua,
con rilevante
presenza di composti
basati sul carbonio,
tipici della chimica
organica.
La presenza del
ghiaccio è difficile
da giustificare,
perché Themis orbita
fra Marte e Giove,
quindi nella Fascia
Principale degli
asteroidi, e a
quella distanza
(3,133 ua) il calore
del Sole è ancora
sufficiente a
sciogliere
l'eventuale ghiaccio
presente in
superficie. Si
ipotizza pertanto
che l'elemento sia
in realtà protetto
da un sottilissimo
strato di polveri,
ma la cosa lascia
dubbiosi.
E ancor meno
convincente è la
conclusione che
Themis e il suo
ghiaccio possano
rappresentare una
sorta di "fossile
vivente" del
primitivo sistema
solare, come
affermato dai
ricercatori
impegnati su questo
fronte.
Quell'asteroide è
infatti un
capofamiglia, ovvero
il componente di
maggiori dimensioni
(198 km di diametro)
di una famiglia che
annovera oltre 500
asteroidi aventi
caratteristiche
orbitali simili e
formatisi a seguito
della distruzione di
un primordiale
planetoide di ben
più grandi
dimensioni.
Appare dunque
decisamente
improbabile che
l'intera superficie
di Themis conservi
materiale rimasto
inalterato dai tempi
della formazione del
sistema solare.
La questione resta
sicuramente aperta e
la formazione degli
oceani terrestri
potrebbe avere ben
poco a che spartire
con gli asteroidi.
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