I Pianeti

Il Cosmo (indice)

 

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INTRODUZIONE

Pianeta Corpo celeste non dotato di luce propria, in orbita intorno a una stella che lo illumina di luce riflessa. Per distinguerlo da corpi analoghi, un pianeta è definito più specificamente come un oggetto di massa non superiore a un certo multiplo di quella di Giove (il più grande del sistema solare); il valore esatto di questo multiplo, che segna il limite tra la classe dei pianeti e quella delle nane brune, è piuttosto controverso: in genere si considerano pianeti i corpi di massa non superiore a circa 20 masse gioviane e nane brune quelli di massa compresa tra 20 e 80 masse gioviane. Gli astri ancora più grandi sono vere e proprie stelle: sono infatti sufficientemente massivi da sviluppare l’energia gravitazionale necessaria a innescare le reazioni nucleari che le fanno brillare.

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I PIANETI DEL SISTEMA SOLARE

I pianeti del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole, sono Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno (Plutone, declassato da settembre del  2006, non viene più considerato uh pianeta ma entra a far parte della classe dei "pianeti nani") percorrono orbite ellittiche intorno alla nostra stella e sono visibili in quanto ne riflettono la luce. Prendono invece il nome di pianetini o asteroidi corpi celesti più piccoli, anch’essi in orbita intorno al Sole e concentrati nella fascia compresa tra Marte e Giove.

Alla fine del 2003 è stato inoltre identificato, oltre l’orbita di Plutone, un oggetto del diametro di circa 1750 km che, per dimensioni e caratteristiche orbitali, potrebbe essere considerato il decimo pianeta del sistema solare. Gli astronomi lo hanno battezzato Sedna, dal nome di una divinità inuit. La comunità scientifica internazionale, e in particolare l’International Astronomical Union, non è compatta nel considerarlo un pianeta; si trova quindi di fronte alla necessità di riesaminare la definizione di pianeta, per poter classificare senza esitazioni Sedna e altri eventuali oggetti simili, troppo grandi per essere considerati asteroidi e forse troppo piccoli per poter essere considerati pianeti.

In base alla posizione dell’orbita rispetto alla fascia degli asteroidi, oltre che per una somiglianza chimica e morfologica, i pianeti del sistema solare si distinguono in pianeti interni o terrestri e in pianeti esterni o gioviani: i primi (Mercurio, Venere, Terra, Marte) si trovano all’interno della fascia degli asteroidi e sono costituiti essenzialmente da materiale roccioso; i secondi (Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone) si trovano all’esterno della fascia degli asteroidi e sono costituiti prevalentemente da gas e ghiaccio (fa eccezione Plutone, che pare abbia una composizione più simile a quella dei pianeti terrestri).

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PIANETI EXTRASOLARI

Fino al 1992 si conoscevano soltanto i pianeti del sistema solare. In quell’anno, un gruppo di ricerca guidato da Alexander Wolszczan individuò il primo pianeta extrasolare, un corpo celeste di massa pari a circa 0,000047 volte la massa di Giove, in orbita intorno alla pulsar PSR 1257+12, nella costellazione della Vergine. L’avvistamento, confermato e reso pubblico nel 1995, fu seguito da numerose scoperte analoghe, tra cui quelle dei pianeti 51 Pegasi B (di massa pari alla metà della massa di Giove), 47 Ursae Majoris B (di massa pari a 2,4 volte la massa di Giove) e 70 Virginis B (6,6 volte la massa di Giove). Tra tutti i sistemi planetari individuati finora, il più simile a quello solare ruota intorno alla stella HD70642, nella costellazione della Poppa (Puppis), situata a circa 90 anni luce dalla Terra; il pianeta ha una massa doppia di quella di Giove e dista dalla sua stella 3,3 volte la distanza Terra-Sole.

Per adesso, il livello tecnologico degli strumenti utilizzati nella ricerca astronomica consente solo l’individuazione dei pianeti più grandi. Il pianeta più piccolo che sia mai stato osservato ha una massa circa 14 volte quella della Terra e orbita intorno alla stella µ Arae, nella costellazione, appunto dell’Ara, o Altare. Si presume che nei prossimi decenni si raggiungerà il livello necessario per individuare anche i pianeti più piccoli, più simili alla nostra Terra.

 

Mercurio

Mercurio. Il pianeta più vicino al Sole. Ha un raggio di 2.440 km, pari a circa un terzo di quello terrestre, e una densità media (5,4 g/cm³) pressoché uguale a quella della Terra. Mercurio ruota intorno al Sole a una distanza media di 57,91 milioni di km, descrivendo un'orbita ellittica, con periodo di rivoluzione di 0,2408 anni e periodo di rotazione di 58,6 giorni. Poiché la sua superficie è composta da rocce irregolari, porose e scure, esso riflette poco la luce solare.

Studi spettroscopici indicano la presenza di una sottile atmosfera, contenente prevalentemente sodio e potassio emessi dalla crosta del pianeta. Le collisioni con altri corpi formati all'inizio della storia del sistema solare, potrebbero aver "strappato" i materiali più leggeri, e ciò spiegherebbe la densità relativamente alta di Mercurio. La forza di gravità sulla superficie del pianeta è circa un terzo di quella sulla superficie terrestre.

La sonda spaziale Mariner 10, che sorvolò Mercurio due volte nel 1974 e una volta nel 1975, trasmise immagini di una superficie costellata di crateri, con qualche somiglianza con quella lunare, e registrò una temperatura di circa 350 °C sul lato esposto al Sole e di circa -150 °C sul lato in ombra. Il Mariner 10 misurò anche un campo magnetico d'intensità pari all'1% di quello terrestre. La superficie di Mercurio, a differenza di quella della Luna, è solcata da lunghe scarpate, che risalgono forse al periodo di contrazione che il pianeta attraversò durante il processo di raffreddamento, all'inizio della sua storia. Nel 1991 potenti radiotelescopi a terra rivelarono segni di vasti strati di ghiaccio nelle regioni polari del pianeta, aree che non erano state rilevate dal Mariner 10.

Il perielio di Mercurio (il punto della sua orbita più vicino al Sole) presenta un lento moto di precessione; la spiegazione scientifica di questo moto fu uno dei primi successi della teoria della relatività.

 

Venere

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INTRODUZIONE

Venere. Secondo pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole. Dopo la Luna, Venere è l'oggetto più brillante del cielo notturno. Nell'antichità era detto Vespero, o stella della sera, quando appariva al tramonto, e stella del mattino oppure Phosphoros o Lucifero, quando era visibile poco prima dell'alba. A causa delle rispettive posizioni di Venere, Terra e Sole, il pianeta infatti non è mai visibile più di tre ore prima dell'alba e per oltre tre ore dopo il tramonto.

Osservato al telescopio, Venere mostra un ciclo di fasi simili a quelle della Luna, che si ripetono con un periodo sinodico di 1,6 anni. Raggiunge la sua massima brillantezza (con magnitudine -4,4) durante la fase crescente. I transiti sul disco solare sono rari, e avvengono a coppie, a intervalli di poco più di un secolo. I prossimi due sono previsti per il 2004 e il 2012.

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ESPLORAZIONE

Venere è completamente coperto di nubi; ciò naturalmente rappresenta un ostacolo per le osservazioni dirette dalla Terra e la maggior parte delle informazioni di cui disponiamo sono state fornite dalle sonde spaziali, in particolare da quelle che si sono posate sulla superficie del pianeta attraversando la densa atmosfera che lo circonda. Il primo sorvolo di Venere venne effettuato dalla sonda Mariner 2, lanciata dagli Stati Uniti nel 1962, seguita dal Mariner 5 nel 1967 e dal Mariner 10 nel 1974. A partire dagli anni Sessanta furono inviate verso il pianeta anche le numerose sonde sovietiche del tipo Venera; le sonde Vega 1 e 2, dirette verso la cometa di Halley nel 1984, sorvolarono Venere sganciando delle capsule sulla sua superficie. Informazioni dettagliate vennero fornite dalle due navicelle statunitensi Pioneer Venus dotate di speciali radar e sofisticati strumenti di misura. La sonda Magellano, lanciata nel 1989, iniziò l'anno successivo a trasmettere immagini radar del pianeta. Esse sono state elaborate al computer per fornire una spettacolare rappresentazione tridimensionale della superficie.

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ATMOSFERA

In superficie, la temperatura della densa atmosfera di Venere supera i 460 °C e la pressione è circa 90 volte maggiore di quella terrestre. L'atmosfera è composta per il 97% da anidride carbonica (CO2) e contiene piccole quantità di vapori di acido solforico e di azoto, e tracce di vapor d'acqua. A circa 50 km di altitudine si trova la base delle nubi, composte quasi interamente da acido solforico concentrato. Il pianeta non ha un campo magnetico rilevabile.

L'elevata concentrazione di anidride carbonica è probabilmente la conseguenza di un intenso effetto serra che avrebbe causato l'evaporazione degli oceani e in generale dell'acqua allo stato liquido presente in superficie, liberando di conseguenza enormi quantità di CO2 nell'atmosfera.

Alla sommità delle nubi è possibile individuare alcune caratteristiche meteorologiche che forniscono informazioni sui venti che spirano nell'atmosfera. Ai livelli più alti essi interessano tutto il pianeta, dall'equatore ai poli, e raggiungono velocità dell'ordine dei 360 km/h. Malgrado questi forti venti d'alta quota, l'atmosfera nei pressi della superficie è generalmente calma e fino a una quota di circa 10 km la velocità del vento è compresa tra 3 e 18 km/h.

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CARATTERISTICHE DELLA SUPERFICIE

Venere ruota molto lentamente attorno al proprio asse in direzione contraria a quella degli altri pianeti, rivolgendo alla Terra sempre lo stesso lato. L'osservazione diretta di questo lato mediante radiotelescopi ha permesso di raccogliere informazioni dettagliate.

I dati ottenuti dalle sonde statunitensi e sovietiche, analizzati parallelamente alle osservazioni effettuate dalla Terra, hanno mostrato che la superficie del pianeta è sostanzialmente piatta, con due grandi altipiani denominati terre di Ishtar e di Afrodite. Quest'ultimo, meno elevato del primo, si estende lungo quasi metà della regione equatoriale e si trova sulla "faccia" nascosta di Venere.

Il radar a bordo della sonda Magellano ha rivelato immensi vulcani attivi, ampie colate di lava e molti crateri meteoritici. Il più grande cratere osservato ha diametro di circa 160 km, mentre quello più piccolo non supera i 5 km di diametro. Il radar della sonda sarebbe stato in grado di risolvere, se vi fossero stati, anche crateri ancora più piccoli ma sembra che la densa atmosfera protegga Venere dalla caduta di asteroidi di dimensioni ridotte.

Nel complesso le sonde hanno rivelato tracce di un'attività tettonica notevole, almeno nel passato. Tali tracce includono solchi, canyon, una depressione che si estende per 1400 km, e un immenso cono vulcanico la cui base ha diametro di oltre 700 km. Le sonde sovietiche hanno inviato a terra fotografie delle zone nelle quali si sono posate e hanno rilevato una radioattività naturale delle rocce simile a quella del granito. Le rocce aguzze visibili nelle foto sovietiche fanno ritenere che esista un'attività geologica che contrasta l'erosione.

 

Marte

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INTRODUZIONE

Marte. Quarto pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole. Presenta diverse analogie con la Terra, tra cui la durata del giorno e l'alternarsi di un ciclo di stagioni; per questo motivo è stato ed è oggetto di numerose missioni esplorative volte a rivelare l’eventuale presenza di forme di vita sulla sua superficie. Marte ha due piccole lune, Phobos e Deimos, aventi diametro rispettivamente di 21 km e 12 km e una superficie fortemente craterizzata; si tratta forse di asteroidi catturati dal pianeta all'inizio della sua evoluzione.

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ASPETTO DALLA TERRA

Osservato senza l'ausilio di un telescopio, Marte si presenta come un oggetto rossastro di luminosità variabile. Nel momento di massima vicinanza alla Terra (55 milioni di km) è, dopo la Luna e Venere, l'oggetto più luminoso del cielo notturno. Le condizioni migliori per l'osservazione diretta si verificano quando il pianeta si trova in opposizione, vale a dire quando si trova più vicino alla Terra; queste favorevoli circostanze si ripetono ogni 15 anni circa.

Se la si osserva con un telescopio, la superficie di Marte presenta ampie regioni di un colore arancione brillante, alcune aree più scure e altre rossastre, i cui confini variano seguendo il ciclo delle stagioni del pianeta. A causa dell'inclinazione dell'asse di rotazione e dell'eccentricità dell'orbita, infatti, il pianeta è caratterizzato da estati meridionali corte e relativamente calde e da inverni lunghi e freddi. Il colore rosso è dovuto alla superficie fortemente ossidata, mentre le aree scure sono probabilmente composte da rocce simili ai basalti terrestri, con la superficie ossidata e alterata dagli agenti atmosferici. Le aree luminose sembrano di composizione simile e sono ricoperte da polveri fini. La scapolite, un minerale abbastanza raro sulla Terra, è diffusa ovunque sulla superficie marziana e potrebbe forse liberare nell'atmosfera notevoli quantità di anidride carbonica (CO2).

Ai poli del pianeta vi sono ampie calotte apparentemente composte da ghiaccio, i cui confini si allargano e si ritirano secondo le stagioni. I dati raccolti dalla missione europea Mars Express all’inizio del 2004 sembrerebbero confermare l’ipotesi che si tratti proprio di ghiaccio d’acqua. Il ciclo stagionale di Marte è studiato da almeno due secoli: nel corso dell’autunno si formano, in prossimità dei poli, addensamenti di nubi brillanti, al di sotto delle quali si deposita un sottile strato di anidride carbonica. In primavera, alla fine della lunga notte polare, queste nubi si dissipano e i confini delle calotte glaciali si ritirano gradualmente verso i poli, evaporando a causa del calore solare. A metà estate la contrazione delle calotte si arresta e fino all'autunno successivo sopravvive un brillante deposito di brina e ghiaccio.

Oltre alle nubi polari, composte prevalentemente da anidride carbonica, si osservano foschie d'alta quota e nubi di ghiaccio. Queste ultime derivano dal raffreddamento di masse d'aria che si innalzano sopra le alture. Ampie nubi giallastre, che trasportano la polvere sollevata dai venti, sono particolarmente evidenti durante le estati nell'emisfero meridionale.

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ATMOSFERA

L'atmosfera di Marte è composta quasi interamente da anidride carbonica (95%), ma sono presenti piccole quantità di azoto (2,7%), argo (1,6%), ossigeno (0,2%) e tracce di vapore acqueo, monossido di carbonio e gas nobili. In superficie la pressione media è circa lo 0,6% di quella terrestre, vale a dire, uguale a quella che si misura nella nostra atmosfera a 35 km di quota. La temperatura superficiale varia molto a seconda dell'ora, della stagione e della latitudine; in estate può superare i 15 °C, ma mediamente ha un valore di circa -33 °C. Poiché l'atmosfera è molto rarefatta, favorisce il verificarsi di escursioni termiche superiori ai 100 °C.

La quantità di vapore acqueo presente nell'atmosfera è estremamente bassa e variabile; maggiori concentrazioni di questa sostanza si trovano nei pressi delle calotte glaciali, soprattutto in primavera. Le condizioni di temperatura e pressione presenti su Marte assomigliano a quelle di un deserto d'alta quota estremamente freddo: sulla maggior parte della superficie, sono troppo basse per permettere all'acqua di esistere allo stato liquido.

In alcuni periodi dell’anno, alcune aree di Marte sono soggette a venti tanto forti da creare vere e proprie tempeste di polvere. Tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate, nell'emisfero sud, se ne formano di enormi proporzioni, tanto che possono oscurare la superficie per settimane o addirittura per mesi.

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SUPERFICIE E INTERNO

Se si immagina di dividere la superficie di Marte con un cerchio inclinato di circa 30° rispetto all'equatore, si individuano due grandi emisferi. Quello meridionale si presenta come un territorio fortemente craterizzato, risalente alla storia primordiale di Marte, quando, come tutti i pianeti del sistema solare, fu soggetto a un bombardamento meteoritico molto intenso. L'emisfero settentrionale, invece, presenta una superficie meno craterizzata e quindi più giovane, probabilmente formata da colate vulcaniche successive. Sono state identificate due sedi di un'attività vulcanica passata: l'altopiano di Elysium e la regione di Tharsis. In quest'ultima zona si trovano alcuni dei principali vulcani del sistema solare: ad esempio, il monte Olimpo, una struttura che mostra tutte le caratteristiche tipiche di un vulcano a scudo, raggiunge un'altezza di oltre 25 km e ha una base di più di 600 km di diametro. Non vi sono prove di attività vulcanica ancora in atto.

Le faglie presenti sulla superficie sono interpretate come fratture crostali provocate da locali rigonfiamenti ed espansioni del suolo; non vi è evidenza, infatti, di un complesso di fenomeni tettonici analoghi a quelli che regolano le dinamiche della litosfera terrestre.

Alcune zone della superficie sono solcate da canali che fanno pensare a resti di fiumi ormai estinti. Se ne conoscono di due tipi: uno di questi potrebbe essere stato originato dal rilascio improvviso e catastrofico di grandi quantità di acqua allo stato liquido. L’origine del fenomeno che avrebbe causato la fusione improvvisa e localizzata di ghiaccio in queste aree non è ancora chiara, ma risalirebbe alla storia antica del pianeta, vale a dire, a oltre tre miliardi di anni fa. Vi sono poi canali più piccoli, nei quali sono meno evidenti gli effetti dell'erosione esercitata dall'acqua. La presenza di canali sulla superficie di Marte, in ogni caso, costituirebbe una prova che nel suo passato siano esistite condizioni di pressione e temperatura diverse da quelle attuali, che avrebbero consentito la formazione e il mantenimento di acqua allo stato liquido.

Altre caratteristiche geomorfologiche attestano l’importanza dei venti ai fini dell’azione erosiva della superficie: in particolare, vi sono grandi dune di sabbia e altri tipi di depositi riconducibili proprio all’azione erosiva del vento.

Dell'interno di Marte si conosce poco. Il valore relativamente basso della densità indica che il pianeta non può avere un nucleo metallico molto grande. Gli studi condotti sui dati raccolti dalla missione della NASA Mars Global Surveyor sembrerebbero indicare che si tratti di un nucleo fluido, a differenza di quanto ritenuto in passato. L’ipotesi è stata formulata in base alla stima delle deformazioni prodotte sul pianeta dall’attrazione gravitazionale solare: tali deformazioni, di entità rilevabile, non sarebbero giustificate se si assumesse un nucleo planetario rigido. La crosta del pianeta, a giudicare dalla presenza di grandi strutture come la regione di Tharsis, potrebbe essere spessa anche 200 km, cioè cinque o sei volte di più di quella terrestre. Un sismometro collocato a bordo del modulo di atterraggio del Viking 2 non ha rivelato la presenza di fenomeni sismici.

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LE ESPLORAZIONI

La prima visione complessiva delle caratteristiche di Marte e dei suoi satelliti venne fornita dalle sei missioni effettuate tra il 1964 e il 1976 dalle sonde statunitensi Mariner. Le prime quattro si limitarono a transitare in vicinanza del pianeta e a raccogliere immagini ravvicinate della superficie (una di queste, in realtà, non portò a termine la missione); le ultime due, invece, erano state progettate per entrare per la prima volta in orbita intorno a Marte e per osservarlo in modo più sistematico (anche in questo caso, solo una delle due missioni fu portata a termine con successo).

Nel 1976 furono inviate su Marte le prime sonde di tipo lander, vale a dire capaci di posarsi sul suolo: Viking 1 e 2, che svolsero le prime indagini alla ricerca di tracce di vita sul pianeta. Seguirono, nel 1988, due missioni sovietiche volte all’esplorazione del satellite Phobos, entrambe fallite; soltanto una delle due, prima che si perdesse il contatto radio, riuscì a inviare a Terra alcuni dati e immagini.

Negli anni Novanta del XX secolo la NASA ha promosso un vasto programma di missioni alla ricerca di acqua e tracce di vita su Marte. Sono state inviate diverse sonde, sia del tipo orbiter che del tipo lander, progettate per raccogliere immagini, effettuare analisi chimiche e misurare parametri fisici. Alcune di esse sono andate perdute prima del compimento della missione (Mars Climate Observer, Mars Polar Lander); altre, invece, hanno funzionato correttamente; tra queste ultime si ricorda la missione di Mars Pathfinder, il piccolo lander approdato sul pianeta nel luglio 1997 con l’aiuto di un sistema di airbag e paracadute. La sonda riuscì come previsto a depositare sulla superficie di Marte il rover Sojourner, un robot capace di muoversi sul suolo e raccogliere immagini, effettuare analisi chimiche e incamerare dati sull’atmosfera e le rocce marziane. Entrambi i dispositivi funzionarono per un periodo ben superiore a quello richiesto dalla missione, e fornirono preziosi dati e immagini.

Dopo la conclusione, nel 2001, della missione Mars Global Surveyor, che ha fruttato la mappatura completa della superficie del pianeta, è seguita Mars Odyssey: entrata in orbita nell’ottobre del 2001, la sonda deve rilevare l’eventuale presenza di acqua nel sottosuolo e studiare le condizioni elettromagnetiche del pianeta, in vista di future, più approfondite esplorazioni. Altre missioni NASA sono state programmate in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA): Mars Express e Mars Exploration Rovers, partite nel 2003 – la seconda basata sull’uso di una coppia di sonde simili a Pathfinder, denominate Spirit e Opportunity –, Mars Reconnaissance Orbiter, fissata per il 2005, e altre ancora.

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RICERCA DELLA VITA

L'idea che su Marte sia potuta esistere qualche forma di vita risale a molto tempo fa. Nel 1877 l'astronomo italiano Giovanni Schiaparelli annunciò di aver osservato sulla superficie del pianeta un complesso sistema di canali. L'astronomo statunitense Percival Lowell rese pubblica la scoperta parlando di canali artificiali e ipotizzando che queste strutture rappresentassero il tentativo effettuato da esseri intelligenti di irrigare un pianeta arido. Le osservazioni dalle sonde hanno smentito tali ipotesi e altre presunte prove di vita su Marte. Al momento, non esiste alcuna traccia di materiale organico sul pianeta. L'acqua si trova sotto forma di ghiaccio, solo ai poli o nel sottosuolo e, come vapore o come cristalli di ghiaccio, in piccole tracce nell'atmosfera. Inoltre quest’ultima è molto rarefatta, il che espone la superficie a una dose massiccia (letale per eventuali forme di vita) di radiazione ultravioletta e agli effetti chimici distruttivi di sostanze altamente ossidanti come il perossido di idrogeno.

A tutto questo si aggiungono i risultati degli ultimi studi condotti sul clima della trascorsa storia geologica del pianeta, effettuati dall’Università del Colorado. Tali studi escluderebbero che possano essersi mai instaurate condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo della vita: nella maggior parte della sua esistenza, infatti, Marte sarebbe stato perlopiù freddo e asciutto, e quindi inospitale anche per le forme biologiche più rudimentali.

L’ipotesi che il pianeta possa avere conosciuto la vita, in ogni caso, non è ancora del tutto esclusa. Grande clamore aveva sollevato la notizia divulgata dalla NASA nel 1996 secondo la quale, in un meteorite marziano trovato in Antartide, sarebbero state identificate presunte tracce di organismi simili a batteri. Una conferma definitiva a tutte queste ipotesi si potrà avere solo quando sarà possibile prelevare campioni del suolo marziano da analizzare accuratamente in laboratorio. Sono in corso numerosi studi per realizzare, nel corso del XXI secolo, una missione verso Marte con equipaggio a bordo.

 

Giove

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INTRODUZIONE

Giove. Quinto pianeta in ordine di distanza dal Sole e primo per dimensioni tra quelli del sistema solare. Ha volume 1400 volte maggiore di quello della Terra, ma la sua densità media (1,3 g/cm³) è circa un quarto di quella terrestre: ciò indica che Giove è formato da gas, piuttosto che da metalli e rocce come i pianeti interni.

Orbita attorno al Sole a una distanza media di 778,4 milioni di km (5,2 volte maggiore di quella della Terra), compiendo una rivoluzione completa in 11,86 anni; il suo periodo di rotazione è di 0,414 giorni e non è uniforme. La rapida rotazione produce uno schiacciamento ai poli del pianeta, visibile anche al telescopio. Giove mostra delle bande, rese più appariscenti dai colori pastello delle nubi, dovute alla presenza di forti correnti atmosferiche; una delle strutture più notevoli è la famosa regione ovoidale color ocra nota come Grande Macchia Rossa. I colori sono dovuti a tracce di composti che si formano a seguito di reazioni chimiche indotte dalla luce ultravioletta, da scariche elettriche e dal calore; alcuni di questi composti sembrano simili alle molecole organiche che si formarono sulla Terra primordiale e che gettarono le basi della vita. Vedi Esobiologia.

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COMPOSIZIONE, STRUTTURA E CAMPO MAGNETICO

La conoscenza scientifica del sistema di Giove aumentò enormemente nel 1979, con le straordinarie missioni delle sonde Voyager 1 e 2, lanciate dalla NASA. Le osservazioni spettroscopiche dalla Terra avevano già mostrato che la maggior parte dell'atmosfera di Giove è composta di idrogeno molecolare; gli studi nell'infrarosso delle sonde Voyager indicarono che l'87% circa è H2 e che la restante parte è costituita da elio e da quantità estremamente ridotte di vapor d'acqua, metano, neon e acido solforico. La bassa densità osservata suggerisce che l'interno del pianeta abbia sostanzialmente la stessa composizione dell'atmosfera (in realtà, per un pianeta gassoso è difficile dire dove finisca l’atmosfera e dove inizi il pianeta vero e proprio; per convenzione si suole considerare come superficie del pianeta quella su cui i gas raggiungono la pressione di 1 atmosfera, pari a quella presente sulla superficie terrestre al livello del mare in condizioni standard).

Giove è composto perlopiù dai due elementi più leggeri e più abbondanti dell'universo – idrogeno ed elio – e presenta quindi una composizione molto simile a quella del Sole e delle altre stelle. L'enorme pianeta rappresenterebbe perciò una condensazione diretta di una parte della nebulosa solare primordiale, la grande nube di gas e polveri interstellari dalla quale si formò l'intero sistema solare, circa 4,6 miliardi di anni fa.

Giove irradia nello spazio circa il doppio dell'energia che riceve dal Sole. La fonte di questa energia sembra essere un lento collasso gravitazionale dell'intero pianeta.

La turbolenta atmosfera di Giove è fredda. Inoltre periodiche fluttuazioni di temperatura negli strati superiori rivelano un sistema di venti variabile, simile a quello delle regioni equatoriali della stratosfera terrestre. Le fotografie che documentano i cambiamenti nelle nubi di Giove mostrano la nascita e l'evoluzione di enormi sistemi ciclonici.

Alle basse temperature dell'alta atmosfera gioviana (circa -125 °C), l'ammoniaca ghiaccia formando i bianchi cirri visibili in molte fotografie trasmesse dalle sonde Voyager. Nelle regioni più profonde può condensare anche l'idrosolfuro di ammonio, che si raccoglie nelle nubi che formano lo strato scuro diffuso del pianeta.

La temperatura alla sommità di queste nubi è circa -50 °C e la pressione atmosferica è pressoché doppia rispetto a quella terrestre misurata al livello del mare. Benché sia direttamente visibile solo lo strato più esterno del pianeta, i calcoli mostrano che la temperatura e la pressione continuano ad aumentare verso l'interno, determinando condizioni fisiche alle quali l'idrogeno liquefa per poi transire allo stato metallico altamente conduttore. Nel centro potrebbe esistere un nucleo di materiale solido.

In prossimità della superficie, il campo magnetico di Giove è 14 volte più intenso di quello terrestre e produce enormi fasce di radiazione nelle quali vengono intrappolate particelle cariche che circondano il pianeta fino a una distanza di 10 milioni di km.

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SATELLITI E ANELLI

Intorno a Giove sono stati contati 63 satelliti, molti dei quali, recentemente scoperti, sono però di piccole dimensioni. I quattro maggiori (Io, Europa, Ganimede e Callisto) vennero individuati da Galileo nel 1610.

Le moderne osservazioni mostrano che la densità media dei satelliti principali varia con la distanza dal pianeta, in modo simile a quanto accade per i pianeti del sistema solare. Io ed Europa, vicini a Giove, sono densi e rocciosi come i pianeti interni (Mercurio, Venere): Ganimede e Callisto, più lontani, sono composti perlopiù da ghiaccio d'acqua e hanno densità relativamente bassa. Probabilmente durante il processo di formazione, sia dei pianeti sia di questi satelliti, la vicinanza al corpo centrale (rispettivamente il Sole o Giove) impedì la condensazione delle sostanze più leggere.

La crosta ghiacciata di Callisto e Ganimede è segnata da numerosi crateri, segni di un antico bombardamento probabilmente da parte di nuclei di comete, simile al bombardamento di asteroidi che subì la Luna. Al contrario, la superficie di Europa è estremamente liscia: il satellite è ricoperto da uno strato di ghiaccio, percorso da una fitta e intricata rete di fratture, sotto il quale potrebbe esserci acqua liquida.

La superficie del satellite più interessante, Io, ha un aspetto singolare: vi sono zone giallastre, marroni e bianche punteggiate di nero. Io è sconvolto dal vulcanismo: circa dieci vulcani erano in eruzione nel 1979, al momento del passaggio del Voyager, e vi sono prove di eruzioni successive. Dalle bocche vulcaniche viene emesso biossido di zolfo che si condensa sulla superficie, formando un'atmosfera locale temporanea.

Gli altri satelliti di Giove sono molto più piccoli e meno studiati di quelli galileiani. Gli otto più esterni formano due gruppi distinti e sono probabilmente dei corpi catturati dall'intenso campo gravitazionale del pianeta.

Vicino al pianeta, le sonde Voyager scoprirono un debole sistema di anelli. Il materiale di cui sono formati potrebbe essere prodotto dalla disintegrazione di piccolissimi satelliti che si muovono all'interno degli anelli stessi, oppure dal satellite Metis che si trova appena all'esterno di essi.

 

Saturno

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INTRODUZIONE

Saturno. Sesto pianeta in ordine di distanza dal Sole e secondo per dimensioni tra quelli del sistema solare. La caratteristica principale di Saturno è il sistema di anelli, osservato per la prima volta da Galileo nel 1610 e descritto correttamente dall'astronomo olandese Christiaan Huygens.

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L'ESPLORAZIONE DEL SISTEMA

Osservato dalla Terra, Saturno appare come un oggetto molto luminoso, di colore giallastro. Attraverso un telescopio sono facilmente visibili gli anelli A e B e, in condizioni ottimali, anche D ed E. Con gli strumenti da terra sono stati individuati soltanto nove dei trenta satelliti di Saturno oggi conosciuti.

La conoscenza del pianeta è migliorata notevolmente dopo la spedizione delle tre sonde statunitensi Pioneer 11 (settembre 1979), Voyager 1 (novembre 1980) e Voyager 2 (agosto 1981). Esse trasportavano fotocamere e strumenti per l'analisi della radiazione elettromagnetica nelle regioni del visibile, dell’ultravioletto e dell’infrarosso. Erano inoltre equipaggiate con strumenti per lo studio del campo magnetico del pianeta e per la rivelazione di particelle cariche e di grani di polvere nel mezzo interplanetario.

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L'INTERNO

Saturno è costituito essenzialmente da idrogeno. La sua densità media, 0,69 g/cm³ (circa un ottavo di quella terrestre), è la più bassa rilevata nel sistema solare. L'enorme peso dell’atmosfera che lo circonda fa sì che la pressione aumenti rapidamente dall’esterno verso l'interno e che l’idrogeno passi conseguentemente dallo stato gassoso a quello liquido. Vicino al centro l'elemento, ancora più compresso, è ridotto allo stato metallico e, assumendo le proprietà di conduttore elettrico, permette l'instaurarsi di intense correnti responsabili del campo magnetico del pianeta. Al centro del pianeta si trovano elementi pesanti, concentrati in un piccolo nucleo solido di temperatura pari a circa 15.000 °C.

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L'ATMOSFERA DI SATURNO

L'atmosfera è costituita prevalentemente da idrogeno (97% circa) ed elio (3% circa), ma sono presenti anche piccole quantità di metano, ammoniaca e tracce di altri gas come etano, etilene e fosfina. Le immagini dei Voyager hanno mostrato vortici e mulinelli di nubi situati negli strati profondi dell'atmosfera. La temperatura alla sommità di queste nubi si aggira intorno ai -176 °C.

I movimenti delle nubi mostrano che il periodo di rotazione dell'atmosfera vicino all'equatore del pianeta è di circa 10 ore e 11 minuti, mentre le emissioni radio indicano che il corpo di Saturno e la sua magnetosfera ruotano con un periodo di 10 ore, 39 minuti e 25 secondi. La differenza, di circa 28 minuti e mezzo, tra questi due periodi, suggerisce che i venti equatoriali di Saturno abbiano velocità prossime ai 1.700 km/h.

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LA MAGNETOSFERA

La magnetosfera di Saturno consiste di una serie di fasce di radiazione a forma di ciambella nelle quali sono intrappolati elettroni e nuclei atomici. Le fasce si estendono per oltre due milioni di chilometri dal centro del pianeta e raggiungono distanze maggiori nella direzione opposta a quella del Sole. La magnetosfera interagisce con la ionosfera, lo strato superiore dell'atmosfera, provocando aurore polari con emissione di radiazione ultravioletta.

Un'enorme nube di atomi di idrogeno circonda l'orbita di Titano, il satellite più grande di Saturno, e si estende fino all'orbita di Rhea. Inoltre, un disco di plasma, composto da idrogeno e forse da ioni di ossigeno, si estende all'esterno dell'orbita di Tethys fino quasi all'orbita di Titano. Il plasma ruota in sincronia quasi perfetta con il campo magnetico di Saturno.

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IL SISTEMA DI ANELLI

Gli anelli di Saturno sono aggregati di detriti rocciosi e particelle ghiacciate, di dimensioni variabili da pochi micron ad alcuni metri (1 micron = 1 milionesimo di metro). Il loro spessore non supera i 10 km, mentre il raggio del più esterno raggiunge i 137.000 km. Nominati con le lettere dell’alfabeto nell'ordine in cui sono stati scoperti, dall'interno verso l'esterno sono noti come D, C, B, A, F, G ed E.

I tre anelli più grandi, facilmente individuabili da Terra anche con strumenti amatoriali, sono A, B e C: di questi, A e B sono separati da uno spazio detto “divisione di Cassini”, dal nome dell'astronomo italiano Giovanni Cassini che per primo la osservò e la descrisse. Le telecamere delle sonde Voyager 1 e 2 hanno poi permesso di individuare all’interno di questa divisione altri cinque anelli più sottili. L’anello D, il più vicino alla superficie del pianeta, è poco visibile in quanto di debolissima luminosità. Un’analisi approfondita della struttura degli anelli rivela in realtà che ciascuno di essi è costituito dall’unione di migliaia di anelli sottili ed è caratterizzato da numerose irregolarità, dovute probabilmente alle perturbazioni gravitazionali prodotte dai numerosi satelliti che orbitano intorno al pianeta.

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I SATELLITI

Oggi si conoscono trenta satelliti in orbita intorno a Saturno. Hanno dimensioni comprese tra i 4 e i 5.000 km di diametro e sono costituiti perlopiù da ghiacci di elementi leggeri. I cinque satelliti maggiori (Mimas, Encelado, Tethys, Dione e Rhea) hanno forma approssimativamente sferica e sono composti in gran parte di ghiaccio d'acqua. Il materiale roccioso costituisce forse il 40% della massa di Dione. Le superfici di questi satelliti sono fortemente craterizzate per l'impatto di meteoriti.

Anche i satelliti esterni Iperione e Giapeto sono composti principalmente da ghiaccio d'acqua. Su Giapeto vi è una regione molto scura che contrasta con il resto della superficie e che, insieme alla rotazione del satellite, è la causa della variazione di luminosità notata nel 1671 da Cassini. Phoebe percorre con moto retrogrado un'orbita molto inclinata rispetto all'equatore del pianeta; è probabilmente un corpo di origine cometaria catturato dal campo gravitazionale di Saturno.

La più grande delle lune di Saturno è Titano. Il suo diametro si aggira intorno ai 5.150 km; non è possibile stimare questo valore con maggiore precisione a causa della densa foschia arancione che nasconde la superficie del satellite. L'atmosfera di Titano è costituita da azoto, con tracce di metano, etano, acetilene, etilene, cianuro, monossido e biossido di carbonio. Sulla superficie la temperatura è di circa -182 °C e il metano e l'etano possono essere presenti sotto forma di “pioggia”, “neve”, ghiaccio e vapore. L'interno è composto probabilmente di un'uguale quantità di rocce e di ghiaccio. Non è stato rilevato alcun campo magnetico. L'emisfero meridionale è leggermente più luminoso, e l'unico dettaglio visibile è un anello scuro nella regione polare nord.

 

Urano

Urano. Settimo pianeta in ordine di distanza dal Sole, situato tra le orbite di Saturno e di Nettuno. Dalla Terra appare di sesta magnitudine, appena visibile a occhio nudo. Fu scoperto nel 1781 dall'astronomo William Herschel, che gli diede il nome di Georgium Sidus (Stella di Giorgio) in onore di re Giorgio III d'Inghilterra; il nome Urano, che venne proposto dall'astronomo tedesco Johann Elert Bode, entrò in uso alla fine del XIX secolo.

Urano ha un raggio di 25.560 km, una distanza media dal Sole di 2.857 milioni di km e un periodo di rivoluzione di 84,01 anni; compie una rotazione attorno a un asse inclinato di 98° rispetto al piano dell'orbita, con periodo di 0,718 giorni. La sua atmosfera è composta principalmente di idrogeno ed elio, con tracce di metano. Al telescopio il pianeta appare come un piccolo disco verde-bluastro con un debole bordo verde. Urano ha rispettivamente massa e volume 14,54 e 67 volte maggiori di quelli della Terra, mentre la gravità superficiale è 1,17 volte quella del nostro pianeta. Il campo magnetico, invece, è solo un decimo di quello terrestre, con asse inclinato di 55° rispetto all'asse di rotazione. La densità media è 1,3 g/cm³.

Nel 1977, sfruttando l'occultazione di una stella da parte del disco del pianeta, l'astronomo americano James L. Elliot notò la presenza di cinque anelli che giacevano sul suo piano equatoriale. Chiamati Alfa, Beta, Gamma, Delta ed Epsilon (dall'anello più interno a quello più esterno), essi formano una cintura che si estende fino a 51.300 km dal centro del pianeta; altri quattro anelli vennero scoperti nel gennaio del 1986 dalla sonda spaziale Voyager 2.

Urano ha 27 satelliti, che orbitano sul piano equatoriale e si muovono nello stesso verso di rivoluzione del pianeta. I due più grandi, Oberon e Titania, vennero individuati da Herschel nel 1787; Umbriel e Ariel vennero osservati nel 1851 dall'astronomo William Lassell; Miranda, il più interno dei satelliti noti prima del Voyager, fu scoperto nel 1948 dall'astronomo statunitense Gerard Peter Kuiper.

 

Nettuno

Nettuno. Ottavo pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole. Ha un raggio di 24.760 km; il volume e la massa sono rispettivamente 72 volte e 17,15 volte più grandi rispetto a quelli della Terra e la densità media (1,6 g/cm³) è circa un terzo di quella terrestre. L'albedo è alta: l'84% della luce incidente sulla superficie del pianeta viene riflessa. Nettuno orbita intorno al Sole a una distanza media di 4.488 milioni di km, compiendo una rivoluzione completa in 164,8 anni; il periodo di rotazione è di 0,671 giorni. Non è visibile a occhio nudo, ma se osservato con un piccolo telescopio appare come un piccolo disco blu-verde senza caratteristiche definite. La temperatura superficiale, pari a circa -218 °C, è molto simile a quello di Urano, benché quest'ultimo sia molto più vicino al Sole. Ciò lascia supporre che Nettuno abbia una sorgente interna di energia. L'atmosfera è composta principalmente di idrogeno ed elio, ma è presente una piccola percentuale di metano, responsabile del caratteristico colore blu del pianeta.

Sono noti undici satelliti di Nettuno, tre dei quali, del diametro medio di soli 35 km, individuati alla fine del 2002. Il più grande e brillante dei satelliti è Tritone, scoperto nel 1846 (lo stesso anno della scoperta di Nettuno). Con un diametro di 2.705 km, Tritone è poco più piccolo della Luna; percorre un'orbita retrograda, diversamente dalla maggior parte dei satelliti principali del sistema solare. Nonostante sia estremamente freddo, è circondato da un'atmosfera di azoto con tracce di metano e mostra la presenza di foschie; sulla sua superficie sono stati osservati dei geyser che emettono materiale di composizione non nota. Nereide, il secondo satellite (scoperto nel 1949), ha diametro di soli 320 km. Altri sei satelliti vennero scoperti dalla sonda Voyager 2 (vedi Esplorazione dello spazio) nel 1989. Nettuno ha anche un sistema di cinque anelli. Il suo campo magnetico è inclinato di oltre 50° rispetto all'asse di rotazione.

L'esistenza di Nettuno venne ipotizzata nel 1846 dall'astronomo francese Urbain Le Verrier per spiegare le perturbazioni osservate nell'orbita di Urano. Il pianeta venne scoperto nello stesso anno dall'astronomo tedesco Johann Gottfried Galle, a meno di 1° dalla posizione prevista da Le Verrier.

 

Plutone - da settembre del 2006 non viene considerato più un pianeta ma viene declassato come "pianeta nano"

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INTRODUZIONE

Plutone. Era il nono e ultimo pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole. L'esistenza di Plutone venne ipotizzata dall'astronomo statunitense Percival Lowell per spiegare le piccole perturbazioni osservate nel moto di Urano. Lo staff dell'osservatorio Lowell proseguì la lunga serie di osservazioni iniziate dallo scienziato e nel 1930 il pianeta venne effettivamente scoperto dall'astronomo statunitense Clyde William Tombaugh nei pressi della posizione prevista da Lowell. La massa del nuovo pianeta, tuttavia, apparve insufficiente per spiegare le perturbazioni dell'orbita di Nettuno, e le osservazioni continuarono nel tentativo di identificare un decimo pianeta, che comunque non venne scoperto.

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ORBITA E SATELLITE

Plutone orbita attorno al Sole a una distanza media di 5.879 milioni di km, compiendo una rivoluzione completa in 247,9 anni. Percorre una traiettoria molto eccentrica e in alcuni periodi è più vicino al Sole di Nettuno. Non esiste tuttavia rischio di collisione, dal momento che la sua orbita è inclinata di 17,2° rispetto al piano dell'eclittica e non interseca mai il cammino di Nettuno.

Visibile solo per mezzo di grandi telescopi, Plutone appare di colore giallastro. Per molti anni si è saputo poco di questo pianeta, ma nel 1978 gli astronomi scopersero che possiede un satellite relativamente grande, Caronte, situato a una distanza di solo 19.000 km circa. Le orbite di Plutone e Caronte sono tali che essi sono passati più volte l'uno di fronte all'altro tra il 1985 e il 1990, rendendo possibile una misura precisa delle loro dimensioni. Plutone ha un raggio di 1.195 km e Caronte di 596 km; si tratta in effetti di un pianeta doppio, più di quanto sia il sistema Terra-Luna. Plutone è circondato da una sottile atmosfera, probabilmente di metano, circa 100.000 volte meno densa rispetto all'atmosfera terrestre. Essa sembra condensarsi e formare delle calotte polari durante i lunghi inverni del pianeta.

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ATMOSFERA

La densità di Plutone, 1,8 g/cm³, è pressoché doppia rispetto a quella dell'acqua, e ciò fa pensare che esso sia molto più roccioso degli altri pianeti del sistema solare esterno. Potrebbe trattarsi del risultato delle reazioni chimiche avvenute durante la sua formazione e determinate da condizioni di temperatura e pressione particolari. Alcuni astronomi hanno suggerito che Plutone potrebbe essere un satellite di Nettuno, spinto su un'orbita diversa, all'inizio della storia del sistema solare, a causa di una collisione. Caronte sarebbe allora il risultato dell'accumulazione dei frammenti generati da tale collisione.

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PIANETA O ASTEROIDE?

Le più recenti scoperte compiute nelle regioni remote del sistema solare hanno rivelato l’esistenza di oggetti di dimensioni di poco inferiori a quelle di Plutone. In particolare, i ricercatori del California Institute of Technology hanno avvistato nel 2002, nella fascia di Edgeworth-Kuiper, un corpo di diametro pari a circa la metà di quello di Plutone, provvisoriamente battezzato Quaoar (nella lingua degli antichi abitanti dell’area di Los Angeles, “forza della creazione”) e nel 2003, un altro corpo del diameto di circa 1750 km, chiamato Sedna. La comunità scientifica sta cercando di stabilire se sia più corretto attribuire a tali oggetti la dignità di pianeti, o piuttosto declassare Plutone da pianeta a semplice oggetto della fascia di Edgeworth-Kuiper; in questo secondo caso, Plutone dovrebbe essere considerato un asteroide o una nana di ghiaccio.