L'Universo

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INTRODUZIONE

Universo L’insieme di tutta la materia e l’energia esistenti e dello spazio che le contiene. L’universo, la sua origine e la sua evoluzione sono oggetto di studio della cosmologia, disciplina scientifica che si avvale delle osservazioni astronomiche e delle teorie fisiche (in particolare, della relatività generale) per elaborare possibili modelli di universo.

Gli studi condotti nel corso del XX secolo hanno portato alla formulazione di tre possibili modelli: quello di universo chiuso, secondo il quale lo spazio e tutto ciò che contiene sarebbero destinati a collassare un giorno in un gigantesco evento implosivo, definito Big Crunch; quello di universo stazionario, che prevede invece un universo statico e immutabile; e quello di universo aperto, secondo cui il cosmo sarebbe destinato a espandersi indefinitamente. Quale dei tre sia il modello che più si avvicina alla realtà è un problema aperto della moderna cosmologia.

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I MODELLI DI UNIVERSO

Fino all’inizio degli anni Venti del XX secolo, i modelli di universo più accreditati presso la comunità scientifica erano quelli di un universo statico (stazionario). Lo stesso Albert Einstein, nel 1917, propose un modello basato sulla teoria della relatività generale, in cui la forza di gravità veniva descritta come una curvatura dello spazio-tempo quadridimensionale: Einstein avrebbe potuto predire l'espansione dell'universo dieci anni prima che venisse osservata ma, piuttosto che negare il concetto di universo statico, preferì postulare l'esistenza di una forza di repulsione tra le galassie capace di bilanciare la forza di attrazione gravitazionale, e introdurre nelle equazioni della sua teoria una "costante cosmologica" che rendesse conto della staticità dell'universo. Tempo dopo lo scienziato ebbe modo di definire questa sua assunzione il più grande errore della sua vita.

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UNIVERSO STATICO E UNIVERSO IN ESPANSIONE

I primi modelli dinamici di universo furono proposti dall'astronomo olandese Willem de Sitter nel 1917, dal matematico russo Aleksandr Fridman nel 1922 e dall'abate belga Georges Lemaître nel 1927. L'universo di De Sitter risolveva le equazioni della relatività einsteiniana nel caso di un universo vuoto, mentre la soluzione di Fridman dipendeva direttamente dalla densità della materia presente nell'universo. Quest'ultimo è ancora il modello correntemente accettato. Anche Lemaître lavorò a una soluzione delle equazioni di Einstein, ma il suo nome è ancor oggi legato alla teoria dell'"atomo primordiale", una prima formulazione intuitiva della teoria del Big Bang, nella quale le galassie sono viste come frammenti eiettati dall'esplosione di un "atomo" da cui avrebbe avuto origine l'universo intero.

Nel modello di Fridman, preso in seria considerazione soltanto a partire dagli anni Trenta del XX secolo, la distanza reciproca tra le galassie tende a zero se si fa tendere a zero la variabile temporale (all'inizio dei tempi); per tempi infiniti, invece, l'evoluzione dell'universo dipende dalla densità media della materia in esso contenuta. Se la densità si rivelasse piccola, la mutua attrazione gravitazionale tra le galassie determinerebbe un leggero rallentamento della velocità di recessione, ma non tale da arrestare l'attuale moto di espansione, che quindi continuerebbe indefinitamente; si parla, in questo caso, di universo aperto.

Se, al contrario, la densità della materia fosse maggiore di un valore critico, stimato oggi a 5 × 10-30 g/cm3, l'espansione sarebbe destinata ad arrestarsi e a trasformarsi in una progressiva contrazione, che si concluderebbe nel collasso dell'intero universo (Big Crunch); si parla, in questa ipotesi, di universo chiuso. Il destino ulteriore di un universo di questo tipo è incerto. La teoria sostiene che potrebbe esplodere nuovamente, per poi espandersi e di nuovo collassare, in un ciclo infinito; si parla in questo caso di universo pulsante o oscillante.

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L'età dell'universo

Calcolando l'attuale tasso di espansione dell'universo, deducibile dal valore della costante di Hubble, è possibile determinarne l'età per ciascuno dei modelli fin qui citati. I primi calcoli fornirono un risultato di soli due miliardi di anni, un valore notevolmente minore dell'età della Terra, stimata a 4,65 miliardi di anni sulla base della quantità di alcuni isotopi radioattivi e dei loro prodotti di decadimento nelle rocce. Le successive correzioni nella scala delle distanze, dovute anche alla scoperta di due differenti tipi di variabili cefeidi, caratterizzati da luminosità intrinseca diversa, hanno rimediato a questa incongruenza. Al momento, le stime dell'età dell'universo variano tra i dieci e i venti miliardi di anni, e quindi non sono in conflitto con i dati riguardanti l'evoluzione della Terra. Rimane però una contraddizione con l'età presunta di alcuni oggetti astronomici, come gli ammassi globulari, e ciò rende la determinazione dell'età dell'universo uno dei più importanti problemi aperti della cosmologia moderna.

3.2

 

Teoria dello stato stazionario

Nel 1948 gli astronomi britannici Herman Bondi, Thomas Gold e Fred Hoyle formularono un modello di universo completamente differente, oggi noto come teoria dello stato stazionario. Trovando poco soddisfacente dal punto di vista filosofico l'idea di un inizio improvviso dell'universo, i tre scienziati proposero un'estensione del principio cosmologico sul quale si basano alcune delle precedenti teorie, tra cui quella di Fridman. Nella sua forma originaria, più ristretta, questo principio stabiliva che, in un dato istante, l'universo è mediamente identico in qualunque luogo; con il "principio cosmologico perfetto", Bondi, Gold e Hoyle aggiunsero un secondo postulato, per cui l'universo risulta sempre identico a se stesso, in qualunque momento.

I tre scienziati non negarono l'espansione dell'universo, ma proposero l'idea che la diminuzione di densità provocata dall'espansione venga bilanciata esattamente da una continua produzione di nuova materia. Questa teoria, rivelatasi incompatibile con la scoperta della radiazione cosmica di fondo avvenuta nel 1965, trova oggi un ridotto numero di sostenitori. La teoria dell'universo stazionario è in contrasto anche con la scoperta secondo cui i quasar, oggetti extragalattici molto piccoli ma estremamente luminosi, erano in passato molto più numerosi di quanto siano oggi.

3.3

 

Teoria del Big Bang

Nel 1948 il fisico di origine russa George Gamow combinò la teoria di Lemaître dell'atomo primordiale con le idee di Fridman, proponendo un nuovo modello di universo, originatosi da una grande esplosione iniziale detta Big Bang cosmico. Secondo le versioni più moderne della teoria del Big Bang (anche nota come Modello standard cosmologico), la materia si sarebbe trovata inizialmente in condizioni di temperatura e densità tali da essere completamente scomposta in quark, le più "piccole" particelle elementari note fino a oggi. A seguito dell'espansione dell'universo, la massa iniziale di energia e materia si sarebbe raffreddata e rarefatta; qualche frazione infinitesima di secondo dopo l'esplosione iniziale, i quark si sarebbero uniti a gruppi di tre a formare i protoni, i neutroni e gli altri adroni. Dopo circa tre minuti, i protoni e i neutroni si sarebbero a loro volta uniti per dare origine ai nuclei degli elementi più leggeri (idrogeno, elio e una minima quantità di litio).

Tutti gli altri elementi chimici non si sarebbero formati che alcuni miliardi di anni dopo, grazie alle reazioni nucleari che avvengono nei nuclei stellari e durante le esplosioni di supernove (vedi Nucleosintesi). A 300.000 anni dal Big Bang, nuclei ed elettroni si sarebbero infine uniti a formare gli atomi, mentre le stelle e le galassie sarebbero nate entro il primo miliardo di anni di vita dell'universo.

Mentre l'universo si espandeva, la radiazione residua del Big Bang si raffreddava; oggi la sua temperatura è di circa 3 K (-270 °C). Questa radiazione cosmica di fondo, rivelata dai radioastronomi nel 1965, costituisce una conferma molto convincente della teoria del Big Bang. La sua osservazione e il suo studio sistematico sono iniziati nel 1989, a opera del satellite americano Cosmic Background Explorer (COBE), che ne ha messo in evidenza piccole disomogeneità, di importanza fondamentale per le attuali teorie sull'evoluzione dell'universo. Per migliorare le informazioni riportate da COBE, che ha concluso la sua orbita intorno alla Terra nel 1994, l’Agenzia spaziale europea (ESA) sta costruendo un nuovo esperimento, battezzato missione Planck, che osserverà la radiazione cosmica di fondo con una risoluzione da dieci a cento volte superiore a quella del satellite americano. Ciò significa che gli strumenti portati dal nuovo satellite potranno distinguere fra temperature delle diverse aree del cielo differenti solo per pochi decimi di grado, mentre COBE riusciva ad apprezzare solo differenze di almeno una decina di gradi.

In dati così precisi, gli astrofisici si aspettano di trovare risposta a molti quesiti ancora irrisolti sul modello standard cosmologico: il valore della costante di Hubble, la quantità di materia barionica (la materia usuale) presente nell’universo, la quantità e la natura della materia oscura, e forse anche di riuscire a decidere definitivamente se l’universo è in perpetua espansione, o se è destinato un giorno a collassare su se stesso. La missione Planck dovrebbe essere lanciata nel 2005 dalla base spaziale europea in Nuova Guinea.

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L’EVOLUZIONE DELL'UNIVERSO

A tutt'oggi non si è ancora stabilito con certezza se l'universo sia aperto, in altre parole se sia destinato a espandersi indefinitamente, o se a un certo punto comincerà a contrarsi. Risolvere questo problema significa determinare se la densità media della materia sia maggiore o minore del valore critico previsto dal modello di Fridman. La massa di una singola galassia può essere calcolata osservando il moto delle stelle che la costituiscono. Se si stima la massa dell'universo semplicemente moltiplicando la massa di una galassia media per il numero delle galassie visibili, si trova un valore di densità che equivale solo al 5-10% del valore critico. Si può determinare la massa di un ammasso di galassie in modo analogo, misurando il moto delle galassie che vi appartengono e moltiplicando il risultato per il numero di ammassi. Con questo procedimento si ottiene una densità media maggiore, più vicina al valore critico.

La discrepanza tra i metodi descritti fece supporre l'esistenza di una grande quantità di materia invisibile, la cosiddetta materia oscura, che, secondo recenti studi, sarebbe presente anche all'interno delle galassie. L'esistenza della materia oscura è ormai accettata dalla quasi totalità degli scienziati, nonostante non sia stato ancora possibile costruire uno strumento in grado di rilevarla direttamente. Sulla natura della materia oscura sono state formulate molte ipotesi, nessuna delle quali si è rivelata pienamente soddisfacente; essa costituisce un problema ancora aperto al quale si dedicano insieme fisici delle particelle, che forniscono le ipotesi su quali possano essere i suoi costituenti, e cosmologi, che verificano se le proprietà delle particelle suggerite sono compatibili con le osservazioni.

Attualmente i cosmologi sono impegnati nella comprensione dei fenomeni che seguirono al Big Bang. Una delle teorie che si propone di interpretarli è la teoria dell'inflazione, proposta nei primi anni Ottanta, che introduce nella formulazione originale di Gamow alcuni concetti appartenenti alla fisica delle particelle elementari. Parallelamente, sono state sviluppate anche alcune ardite teorie speculative secondo cui, ad esempio, potrebbe essere stato prodotto non uno, ma un numero infinito di universi. Per la maggior parte, i cosmologi sono oggi concentrati su problemi aperti di notevole portata, quali la determinazione precisa della costante di Hubble, lo studio della formazione delle galassie, la natura della materia oscura e il suo ruolo nello sviluppo dell'universo primordiale. Alcuni scienziati, tra cui il premio Nobel per la fisica Hannes Alfvén, perseguono l'idea che non solo la gravità, ma anche fenomeni legati al plasma e ai campi magnetici galattici costituiscano la chiave per la comprensione della struttura e dell'evoluzione dell'universo.

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L’EVIDENZA DELLA COSTANTE COSMOLOGICA

In realtà, il quadro cosmologico fin qui descritto è stato scompaginato nel 1998 dai risultati dell’esperimento statunitense Boomerang, da cui emerge l’evidenza di una costante cosmologica non nulla. In sostanza, il termine introdotto a suo tempo da Einstein nelle sue equazioni per rappresentare in linguaggio matematico un modello di universo stazionario sembra aver trovato la sua prima conferma sperimentale nell’esistenza di supernove “troppo luminose”. In estrema sintesi, per giustificare l’esistenza di tali supernove, sarebbe necessario ammettere un qualche effetto di “antigravità”, vale a dire di un’entità fisica capace di opporsi all’attrazione gravitazionale e rappresentabile matematicamente con la costante cosmologica. Oltre agli elementi emersi dagli studi delle supernove, altre conferme sono venute successivamente dall’analisi delle fluttuazioni della radiazione cosmica di fondo. Oggi un filone importante della ricerca nel campo della cosmologia consiste nella ricerca di una definizione precisa dell’entità fisica che sta dietro alla costante cosmologica.

Vedi anche Origine dell’universo.

Origine dell'universo

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INTRODUZIONE

Origine dell'universo Evento postulato dalla teoria cosmologica standard a cui si fa risalire la comparsa della materia e dell'energia esistente. Secondo la maggior parte degli astronomi, l'evento ebbe luogo in un preciso istante del passato compreso tra i 12 e i 20 miliardi di anni fa.

Il primo indizio che condusse alla formulazione di questa teoria fu la scoperta dell'espansione dell'universo, avvenuta nel 1920 a opera del fisico statunitense Edwin Hubble: dall'analisi spettroscopica delle radiazioni elettromagnetiche emesse dalle galassie, egli capì che queste non sono ferme, ma si muovono allontanandosi le une dalle altre con velocità proporzionale alla reciproca distanza. Tale espansione è del resto prevista dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein.

Se i componenti dell'universo sono in continuo allontanamento l'uno rispetto all'altro, in passato devono essere stati più vicini di quanto non siano ora; al limite, in un lontanissimo passato, deve esserci stato un istante in cui tutto ciò che esiste era concentrato in un unico punto matematico (una cosiddetta singolarità). Da quel punto, attraverso un'espansione esplosiva, nota come Big Bang, avrebbe avuto origine l'universo.

Una conferma all'idea che l'universo abbia conosciuto un inizio fu la scoperta, negli anni Sessanta del Novecento, della radiazione cosmica di fondo, vale a dire di onde elettromagnetiche di bassa energia che permeano ogni regione del cosmo e in cui gli scienziati vedono l'eco del Big Bang. Il Big Bang non deve essere pensato come l'esplosione di una massa di materia all'interno di uno spazio vuoto. Al momento del Big Bang, infatti, spazio e tempo coincidevano, così come materia ed energia; "al di fuori" della sfera infuocata primigenia non esisteva nulla, e non esisteva tempo "prima" del Big Bang. È lo spazio stesso che si espande via via che l'universo invecchia, portando i corpi in esso contenuti sempre più lontano gli uni dagli altri.

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UNIVERSO INFLAZIONARIO

La teoria standard dell'origine dell'universo, basata su una combinazione di cosmologia, meccanica quantistica e fisica delle particelle elementari, prevede il cosiddetto processo di inflazione. Se si considera come "tempo zero" l'istante in cui il tutto emerse dalla singolarità iniziale, l'inflazione spiega come un "seme" superdenso e supercaldo contenente tutta la massa e l'energia del cosmo, ma più piccolo di un protone, si sia espanso incessantemente dal tempo zero, per miliardi e miliardi di anni. Secondo la teoria dell'universo inflazionario, l'espansione fu prodotta da quelle stesse forze fondamentali, allora riunite sotto forma di un'unica forza di inflazione, che oggi governano le leggi della natura: la forza di gravitazione, la forza elettromagnetica, la forza di interazione debole e la forza di interazione forte (le ultime due osservabili soltanto a livelli subatomici e subnucleari, nelle interazioni tra le particelle elementari).

La forza di inflazione agì solo per una frazione infinitesima di secondo, pari ad appena 15 x 10-33 secondi, sufficiente a dilatare le dimensioni dell'universo nascente da quelle di una microscopica sfera 1020 volte più piccola di un protone, a quelle di una regione di spazio del diametro di 10 cm. Tale fu la violenza di quel primo impulso che, nonostante la forza di attrazione gravitazionale contrasti costantemente il moto di deriva delle galassie, l'espansione dell'universo continua tuttora.

Secondo i cosmologi, pur essendo nei dettagli ancora oggetto di studi e approfondimenti, la teoria dell'inflazione può spiegare tutto quanto si verificò a partire dal momento in cui l'universo aveva l'età di un decimillesimo di secondo, una temperatura di 1000 miliardi di gradi e una densità omogenea pari a quella di un odierno nucleo atomico. In quel momento, materia ed energia si trasformavano continuamente l'una nell'altra: le particelle elementari si trasformavano in fotoni, e i fotoni in particelle. La trasformazione di energia in materia è un fenomeno previsto da Einstein e quantificato dalla ben nota equazione E = mc2, in cui E rappresenta l'energia, m la massa e c la velocità della luce. Queste condizioni, che avrebbero caratterizzato una brevissima fase della storia dell'universo, vengono oggi in parte riprodotte negli acceleratori di particelle. Dal momento che le previsioni dei teorici trovano riscontro negli esperimenti svolti all'interno degli acceleratori, si può pensare che la teoria descriva abbastanza bene lo svolgimento effettivo delle prime fasi di vita dell'universo.

Via via che l'universo si espandeva, la sua temperatura diminuiva. A poco a poco l'energia disponibile non era più sufficiente a permettere lo scambio tra fotoni e particelle di materia, e l'universo, per quanto ancora in fase di espansione e di raffreddamento, incominciò a stabilizzarsi. Un centesimo di secondo dopo l'inizio, la temperatura era caduta a 100 miliardi di gradi, e protoni e neutroni si erano stabilizzati. Inizialmente il numero di neutroni era uguale a quello di protoni, ma in seguito i neutroni, instabili, iniziarono a decadere in protoni ed elettroni, spostando l'equilibrio. Un decimo di secondo dopo l'inizio, il rapporto neutroni-protoni era 19 : 31 e la temperatura era scesa a 30 miliardi di gradi. Un secondo dopo la nascita dell'universo, il rapporto era di 6 neutroni contro 19 protoni, la temperatura era scesa a 10 miliardi di gradi e la densità dell'intero universo era "solo" 380.000 volte quella dell'acqua.

Da questo punto in poi, i cambiamenti incominciarono a rallentare. Ci vollero 14 secondi perché la temperatura scendesse a 3 miliardi di gradi, ovvero raggiungesse le condizioni in cui avvengono normalmente i processi di fusione nucleare all'interno del Sole. In tali condizioni, neutroni e protoni incominciarono ad aggregarsi, formando per tempi brevissimi nuclei di deuterio (idrogeno pesante) che subito venivano spezzati da nuove collisioni. A tre minuti dall'inizio, l'universo era 70 volte più caldo di quanto sia oggi il nucleo solare: la sua temperatura era scesa a un miliardo di gradi. Esistevano soltanto 7 neutroni ogni 43 protoni, ma i nuclei di deuterio erano stabili e resistevano alle collisioni. La combinazione dei neutroni e protoni a formare nuclei stabili permise la sopravvivenza dei neutroni, che altrimenti, se fossero rimasti isolati, sarebbero completamente decaduti.

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LA COSTITUZIONE DI NUCLEI E ATOMI

Da questo istante, fino al termine del quarto minuto dall'inizio, ebbe luogo una serie di reazioni nucleari che portò alla formazione di nuclei di elio (particelle costituite da due protoni e due neutroni) e di altri nuclei leggeri, a partire da protoni (nuclei di idrogeno) e nuclei di deuterio, in un processo noto come nucleosintesi. Meno del 25% della materia nucleare finì convertito in forma di elio; tutto il resto, tranne una frazione dell'1%, in forma di idrogeno. La temperatura era tuttavia ancora troppo elevata perché questi nuclei potessero legare a sé elettroni e formare atomi stabili.

A 30 minuti dall'inizio, la temperatura dell'universo era di 300 milioni di gradi e la densità era scesa drasticamente, a circa il 10% di quella dell'acqua. I nuclei di idrogeno ed elio, dotati di carica elettrica positiva, coesistevano con elettroni liberi, carichi negativamente; sia i nuclei che gli elettroni, data la loro carica elettrica, continuavano a interagire con i fotoni. La materia si trovava nel cosiddetto stato di plasma, come è oggi all'interno del Sole.

Questa attività proseguì per circa 300.000 anni, fino a che l'universo in espansione si fu raffreddato più o meno alla temperatura a cui si trova oggi la superficie del Sole, vale a dire a circa 6000 °C. In queste condizioni, gli elettroni erano in grado di rimanere vincolati ai nuclei così da formare atomi stabili. Nel successivo mezzo milione di anni, tutti gli elettroni e i nuclei si legarono a formare atomi di idrogeno ed elio. Gli atomi, elettricamente neutri, cessarono di interagire con la radiazione. Da questo punto in poi si può considerare conclusa l'era della sfera di fuoco: l'universo divenne trasparente, nel senso che i fotoni di radiazione elettromagnetica potevano passare indisturbati attraverso gli atomi. È il residuo di questa radiazione, oggi a una temperatura di -270 °C, che viene rilevata dai radiotelescopi e interpretata dagli scienziati come radiazione cosmica di fondo. A partire da qualche centinaio di migliaia di anni dopo l'inizio, essa cessò di interagire con la materia; ancora oggi, leggere differenze di temperatura nelle radiazioni cosmiche di fondo provenienti da diverse regioni del cosmo, serbano memoria di come la materia era distribuita nell'universo a quell'epoca.

Stelle e galassie si formarono a partire da un milione di anni circa dall'inizio, soltanto dopo che materia e radiazione si furono disaccoppiate.

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MATERIA OSCURA

Secondo le grandi teorie unificate (nome collettivo che designa l'approccio di un ramo della fisica teorica che vede le forze della natura unificate), esiste un'altra componente dell'universo, oltre alla materia nucleare e alla radiazione, emersa dal big bang ed entrata a far parte dell'universo: la materia oscura. L'universo contiene infatti molta più materia di quanta non se ne possa osservare: la proporzione tra materia oscura e materia chiara (detta talvolta materia barionica) risulta di almeno dieci a uno (e forse addirittura cento). Ne è una prova il modo in cui, per effetto gravitazionale, la materia influisce sul movimento di galassie e ammassi di galassie. Se si ammettesse l'esistenza della sola materia conosciuta, il moto delle galassie sarebbe diverso da quello osservato e il modello di Big Bang qui delineato non funzionerebbe. In particolare, il quantitativo di elio prodotto nel Big Bang non corrisponderebbe a quello osservato nelle stelle più vecchie, formatesi non molto tempo dopo il Big Bang stesso.

Le grandi teorie unificate prevedono quindi che, nelle prime frazioni di secondo della storia dell'universo, dall'energia primordiale si sia generata una grande quantità di un qualche altro tipo di materia (chiamata appunto materia oscura, o anche materia esotica). Questa materia potrebbe essere oggi concentrata nei buchi neri, nei neutrini (se si scoprisse che sono dotati di massa) o in esotiche particelle elementari di massa enorme, dette WIMP (Weakly Interacting Massive Particles), che interagirebbero con la materia unicamente attraverso la forza debole. La più importante conseguenza di ciò è che, quando l'universo emerse dal Big Bang e la materia ordinaria e la radiazione si disaccoppiarono, le irregolarità nella distribuzione di materia oscura nello spazio generarono enormi addensamenti gravitazionali che rallentarono il movimento delle particelle di materia barionica. Ciò avrebbe permesso la formazione di stelle, galassie e ammassi di galassie, e spiegherebbe il modo in cui gli ammassi di galassie sono distribuiti nell'universo attuale, in una struttura "schiumosa" che consiste di superfici e filamenti avvolti intorno a bolle scure.